I numeri parlano chiaro. Nei prossimi due anni saranno i Paesi emergenti a trainare il carro dell’economia mondiale. Secondo i dati pubblicati oggi dall’Ocse nell’ultimo Economic Outlook, i 34 Paesi membri dell’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico cresceranno dell’1,9% quest’anno e dell’1,6% nel 2012. Si inizierà a intravedere una ripresa solo nel 2013, quando il Pil dei 34 Paesi registrerà un +2,3%.
Dalla fotografia scattata dall’Ocse risulta un mondo diviso in due: da una parte i Paesi che crescono, dall’altra quelli che si stanno fermando o che addirituttra tornano indietro. Tra quelli che non avanzano troviamo la zona euro (e quindi l’Italia), che vedrà un aumento dell’1,6% del Pil nel 2011 e dello 0,2% nel 2012 e solo nel 2013 crescerà oltre l’1%, il Giappone, che quest’anno si contrarrà dello 0,3% ma già il prossimo anno dovrebbe segnare un +2% e gli Stati Uniti (+2% nel 2012 e +2,5% nel 2013).
Nel lato opposto invece primeggia la Cina, che volerà quest’anno a un ritmo del 9,3% e nel 2012 dell’8,5%. Tra i paesi Ocse la medaglia d’oro va al Cile che crescerà del 4% nel 2012 e del 4,7% nel 2013, ma anche la Corea (+3,8% nel 2012 e +4,3% nel 2013), il Messico (3,3% e 3,6%) e la Turchia (3% e 4,5%) non sono da meno.
“Per eliminare il rischio contagio nella zona euro è necessario un aumento sostanziale delle capacità in mano al Fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsf) e un maggiore utilizzo delle risorse della Banca Centrale Europea“, ha dichiarato il capo economista dell’Ocse, Pier Carlo Padoan. “Siamo preoccupati che i politici non riescano a vedere l’urgenza di prendere misure decisive contro i rischi reali e crescenti dell’economia globale”, ha aggiunto.
Per i Paesi maggiormente a rischio l’Ocse identifica diverse priorità da mettere in atto con urgenza: la stabilizzazione del sistema finanziario, l’aumento di una rete di protezione sociale, l’implementazione di riforme strutturali per stimolare l’occupazione e la crescita e un maggiore allentamento delle politiche monetarie.
Guarda la pagina dell’Economic Outlook sul sito dell’Ocse