OBAMA SALTA IN SELLA AL TORO
MILANO DIMEZZA LE PERDITE (-0,67%)
“Qualsiasi soluzione per evitare il default dev’essere bipartisan. Perciò – ha sillabato davanti alle telecamere il presidente Barack Obama – invito i senatori Democratici e Repubblicani ad agire con urgenza per individuare una soluzione comune che possa ottenere l’approvazione di entrambi i partiti anche alla Camera dei Rappresentant. Un accordo che io mi impegno a firmare di martedì”.
Immediata la reazione dei Democratici. “La mia porta è aperta – ha detto il capo delegazione Harry Reid – Ma facciamo in fretta: il treno sta lasciando la stazione”. Ora tocca ai Repubblicani. I mercati, però, scommettono che stavolta Obama abbia qualche asso nella manica.
Nel pomeriggio, quando le Borse sembravano avviate a un finale dramamtico, le parole del presidente americano hanno ribaltato la situazione. Anche a Milano. La borsa di Milano, che a un’ora dalla chiusura perdeva più del 2% si è portata in terreno positivo +0,05% salvo poi ripiegare ancora: alla fine Piazza Affari il Ftse Mib ha ceduto lo 0,67% a 18.433 punti, mentre il Ftse All Share è arretrato dello 0,65% a quota 19.143.
Tre siluri hanno colpito il Toro nel’ultimo scorcio di questa settimana già difficile.
1) Negli Usa, lo speaker repubblicano della Camera ha dovuto alzare bandiera bianca: il suopiano per legare l’innalzamento del tetto sul debito a tagli al deficit non ha superato nemmeno il primo scoglio, causa l’opposizione della combattiva minoranza del Tea Party. Le speranze di evitare il default sono ormai ridotte al lumicino
2) L’Europa fa i conti con l’effetto Moody’s dopo la minaccia di retrocessione del rating sul debito spagnolo accompagnato, come da consuetudine da un analogo warning sulle banche del Paese iberico, Banco di Santander e Bbva in testa
3) Il dato preliminare sull’andamento del Pil Usa nel secondo trimestre è peggiore del previsto le attese erano per una crescita dell’1,8%, rispetto all’ +1,9% precedente. Al contrario, la crescita è stata solo dell’1,3%.
Non solo. E’ stato rivisto al ribasso anche il dato definitivo sul primo trimestre: +0,4% molto al di sotto del dato provvisorio, +1,9%, annunciato ad aprile. A conferma che la ripresa americana, nonostante il propellente del quantitative easing e prima delle difficoltà sul budget, in pratica non è mai decollata.
La Borsa di Milano è stata, fino all’inversione di tendenza per merito di Obama, facile bersaglio dei siluri ribassisti. Piazza Affari, in terreno negativo fin dalla mattinata, aveva peggiorato la sua performance dopo l’arrivo dei dati sul Pil Usa (-2%).
Tra le banche, Ubi Banca ha guadagnato l’1,02% a 3,356 euro, Popolare di Milano lo 0,67% a 1,509 euro. Di contro Intesa SanPaolo ha ceduto lo 0,31% a 1,616 euro, Monte dei Paschi lo 0,48% a 0,523 euro, Banco Popolare lo 0,45% a 1,34 euro e Unicredit lo 0,71% a 1,25 euro.
Il mercato è stato trainato dai risultati delle trimestrali. Brilla la stella di Lottomatica (+9,32%) promossa da Exane, segue a ruota Autogrill (5,60%) che ha chiuso il periodo con un utile netto di 43,4 milioni di euro in aumento del 33,2%.Le tendenze in corso consentono di confermare la guidance per l’esercizio 2011. “Le prospettive per il gruppo sono positive e connesse al permanere del buon andamento del traffico nel canale aeroportuale in Europa e Stati Uniti”, dichiara nella nota l’AD Gianmario Tondato Da Ruos. Sale anche Terna (+2,3%) mentre continuano le sofferenze di Finmeccanica (-6,34%) e Parmalat (-4,3%).
A conferma delle paure dilaganti sul fronte del debito pubblico, è andata completamente deserta la riapertura dell’asta di ieri su Btp a tre e dieci anni e CctEu, riofferti per complessivi 1,375 miliardi. La domanda è stata pari a zero.
IL PIL USA NON DECOLLA, WALL STREET FRENA
NUOVO RECORD PER IL, FRANCO SVIZZERO
Wall Street prosegue in calo con il Dow Jones che arretra dello 0,8% al pari del Nasdaq e dell’S&P500. Intanto non si registrano novità nel braccio di ferro tra i repubblicani. John Boehner, lo speaker repubblicano della Camera Usa, non è riuscito a coagulare consenso politico attorno al piano di riduzione del deficit che dovrebbe porre le basi sull’innalzamento del tetto sul debito degli Stati Uniti, di conseguenza, i repubblicani dovranno cercare una nuova strada per evitare un default.
I dati macro appena usciti non riescono a cancellare la delusione sul Pil. L’indice dell’Università del Michigan sull’andamento economico del mese di giugno, è rimasto a 63,7 punti dai 63,8 del mese precedente, poco sotto le attese di 64. Il sentiment sull’andamento dell’economia calcolato sulla base delle risposte dei direttori degli acquisti delle aziende della zona di Chicago, in giugno è stato pari a 58,8 punti, sotto le attese di 60 punti e in calo dai 61,1 punti del mese precedente.
Sotto le attese il dato sul consumo personale che sale solo dello 0,1% peggio del +0,8% e in rallentamento rispetto al +2,1% del trimestre precedente. L’inflazione Usa del secondo trimestre si attesta al +2,3% dal +2,5% del trimestre precedente. A metà seduta l’euro segna un nuovo minimo storico nei confronti del franco svizzero (1,135), la valuta rifugio che dovrebbe mettere gli investitori al riparo dalla tempesta finanziaria che colpisce i paesi periferici della zona euro. Ma anche il dollaro segna i minimi storici nei confronti della valuta elvetica sotto 0,8, segno che non ci si fida nemmeno dello zio Sam.