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Nuovo e-book FIRSTonline-goWare: “CICLISMO & DOPING – Armstrong: così fan tutti” di Aldo Bernacchi

Si sapeva che nel ciclismo fin dalle sue origini fosse innata la tentazione di affidarsi a pozioni magiche per lenire le fatiche di uno sport tra i più massacranti. La chiamavano “bomba”, perché permetteva una giornata da leone pagata il giorno dopo con una cotta tremenda.

Era condannata a parole ma non vietata. Ne parlavano tutti senza falsi pudori, anche Coppi si auspicava di trovare qualcosa che lo facesse andare più veloce purché non danneggiasse la salute. Ma dagli anni Ottanta in poi il doping ematico, che sfugge ai controlli, ha preso piede dilagando nel gruppo: il ricorso all’Epo si è generalizzato come condizione indispensabile per vincere. “No dope, no hope” è diventato una sorta di dogma nell’omertà generale dei ciclisti e del loro entourage.

“L’epo? Come mettere l’acqua nella borraccia o l’aria nei tubolari”, ha ammesso senza nemmeno arrossire Armstrong nell’intervista-confessione a Oprah Winfrey. Sono quasi 900 i corridori che negli ultimi trenta anni sono caduti nella rete dell’antidoping. Sono 47 i vincitori del Tour pescati positivi in carriera. Numeri impressionanti. Pantani, il “pirata” che regalò sogni cavalcando Alpi e Pirenei, è finito agli inferi. Il mito di Armstrong, il Superman che vinse il cancro e sette Tour, è finito a pezzi tra documenti e testimonianze raccolte dall’Usada, l’Agenzia antidoping Usa.

Il processo di Madrid contro Eufemiano Fuentes, il medico-stregone dell’Operación Puerto, getta altro fango chiamando in causa campioni amati come Cipollini. Gli albi d’oro sono sconvolti e resi fasulli da decisioni retroattive che disorientano. Ad Armstrong si tolgono i sette Tour, a Riis non si toglie quello del 1996, pur vinto con tanta Epo nel sangue. La confusione è totale. Le istituzioni che lo presiedono appaiono impotenti a uscire dal tunnel in cui il doping ha cacciato il ciclismo che pur tra gli sport è stato tra i primi a combatterlo. Ma in nome dello “show must go on” anche quest’anno la stagione è ripartita con un calendario sempre più affollato.

La Milano-Sanremo o le classiche del Nord hanno già regalato buoni spettacoli. «Armstrong è il passato», si dice guardando avanti. Ma non basta a eliminare il riflesso condizionato di fronte a ogni impresa: merito delle gambe o di qualcosa d’altro? E il ciclismo, alla vigilia del centenario della nascita di Gino Bartali, è all’anno zero: si direbbe “è tutto da rifare”, o quasi.

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