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Nucleare: inaugurato in Giappone il reattore a fusione grazie a Enea, CNR e imprese italiane

Il successo di una sperimentazione che vede l’Italia protagonista con tecnologie e coordinamento di ricerca. Investiti 70 milioni di euro

Nucleare: inaugurato in Giappone il reattore a fusione grazie a Enea, CNR e imprese italiane

L’energia da fusione nucleare si fa strada anche con il contributo italiano. A Naka, in Giappone, è stato inaugurato il reattore sperimentale per la fusione costruito nell’ambito di una collaborazione scientifica tra Unione europea e Giappone.

La collaborazione si sostanzia nel progetto Broader Approach e segna un traguardo storico per la comunità scientifica e l’industria: La componente italiana è ben strutturata con Enea, imprese consorzio RFX e Cnr. Il progetto ha un costo di 560 milioni di euro, ripartiti tra Europa e Giappone. 70 milioni sono la quota italiana, ricordata dal Ministro Pichetto Fratin all’annuncio della sperimentazione: ” Sono molto orgoglioso che l’Italia abbia contribuito al successo di oggi fornendo supporto scientifico e componenti del tokamak come contributo volontario”


Alla cerimonia di inaugurazione erano presenti il commissario europeo per l’Energia, Kadri Simson, il ministro giapponese per Istruzione, Cultura, Tecnologia, Masahito Moriyama, il ministro per la Politica scientifica , Sanae Takaichi, esponenti delle istituzioni e ricercatori

Collaborazione Europa-Giappone dal 2007

“I lavori dell’impianto JT-60SA- infoma Enea- sono iniziati nel 2007 e sono terminati nel 2020. Da
allora sono stati fatti diversi miglioramenti tecnici. I primi esperimenti con plasma sono stati avviati
nei mesi scorsi e per tecnologie e studi è considerato un esempio di diplomazia scientifica.”
A Fusion for Energy sono stati affidati sia la gestione dei fondi dell’Unione europea , sia
il coordinamento della fabbricazione di componenti da parte dei paesi partecipanti. Tutti hanno lo hannoi fatto su base volontaria e qui, oltre all’Italia, troviamo Belgio, Francia, Germania e Spagna.

Con il coordinamento dell’ENEA, l’industria italiana ha fornito cavi superconduttori per i
magneti, casse di contenimento di, alimentazione per il sistema magnetico. Apparecchiature essenziali provenienti da ditte come Tratos Cavi, Criotec, ASG Superconductors, Walter Tosto, Poseico Power Electronics e OCEM Tecnologie Energetiche.


Marc Lachaise, direttore di Fusion for Energy, ha spiegato che l’inaugurazione di oggi sarà importante per decidere il contributo della fusione in un mix energetico privo di carbonio. “L’impianto JT-60SA è fondamentale per la tabella di marcia della fusione perché offre ai nostri esperti una possibilità unica nel suo genere di imparare, utilizzare questo dispositivo e condividere queste conoscenze con il reattore sperimentale internazionale (ITER)”.

I tempi non sono brevissimi ed oltre ai 20 miliardi di euro già investiti in ITER la data ad oggi fissata di attivazione nel 2025 non è affatto scontata.

E veniamo ai due consorzi che sono parte decisiva del lavoro. L’EUROfusion è europeo con 31 paesi e 4800 tra ricercatori, personale e studenti. Lavora in sintonia con le università giapponesi di Naka ha il
coordinamento del Cnr e un valore di circa 15 milioni di euro.

Il Consorzio RFX agendo su mandato del CNR ha sviluppato i progetti dei sistemi di protezione per tutte le bobine superconduttrici “fornite- ha voluto ricordato Pichetto- dall’industria italiana Ansaldo Sistemi Industriali, attualmente Nidec ASI”. Le bobine sono quelle che producono energia per reazione come per le stelle, riscalda il plasma ad altissima temperatura. Poi la Equipaggiamenti Elettronici Industriali ha portato a Naka il sistema di alimentazione per il controllo del plasma. Tecnologie che stanno aprendo le porte alla fonte energetica che impatta di meno sull’ambiente.

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