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Nucleare: avanza la fusione Made in Italy

Primi appalti per il progetto DTT, fiore all’occhiello della ricerca italiana trainata da Enea. Al progetto partecipa anche Eni – Previsti a regime 1.500 nuovi posti di lavoro – VIDEO

Nucleare: avanza la fusione Made in Italy

Nuovo passo avanti verso la realizzazione del Divertor Tokamak Test (DTT), la macchina che testerà l’energia per la fusione nucleare. All’Enea di Frascati intravedono le prime ditte che lavoreranno al grande progetto da 600 milioni di euro per lo sviluppo di una tecnologia energetica senza scorie. La società DTT Scarl – composta da Enea, Eni e Consorzio Create – in questi giorni ha assegnato i primi appalti.

Il Centro per la fusione nucleare sarà il fiore all’occhiello della sperimentazione di una fonte lunga, pulita e sicura. Il lavoro di Enea si inquadra nel progetto internazionale per la fusione nucleare che vede in Francia, con l’inaugurazione questa estate, la costruzione del primo prototipo a livello mondiale. Il presidente francese Emmanuel Macron ha inaugurato il 28 luglio il cantiere per l’avvio dell’assemblaggio a Caradache. Vale ricordare che a questo progetto partecipano oltre 30 Paesi, tra i quali Cina, Russia e Stati Uniti, Giappone, India oltre a Francia e Italia e molti altri.

La fusione fredda per gli scienziati rappresenta un capitolo nuovo che sul piano politico si lega alla complessa fase della decarbonizzazione. L’industria non vuole perdere l’appuntamento con il futuro, come dimostra l’adesione di Eni per competere anche fuori dal suo storico business oil & gas.

Le ambizioni italiane per il DTT – un progetto che vale 600 milioni – sono sostenute dai ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Istruzione, oltre che dalla Regione Lazio, da Enea e dagli altri partner del consorzio, ma beneficiano anche di un prestito da 250 milioni di euro arrivato dalla Banca Europea degli Investimenti (Bei) a valere sui fondi del Fondo per gli investimenti strategici.

 A Frascati sono iniziati, dunque, i sette anni necessari a completare la struttura che prevede 1.500 nuovi posti di lavoro. La politica non si è risparmiata nel dare valore anche accademico al progetto. Le opportunità di ricerca applicata dovrebbero attrarre giovani scienziati italiani e frenare la fuga dei cervelli. Un buon auspicio da associare alle reali scelte che la stessa politica dovrà fare dopo una spesa così alta.

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