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NPE, per superare la crisi servono nuovi player

FIRSTonline

Il futuro della Non Performing Exposure (NPE) passa per nuovi player, tra i quali i fondi d’investimento, banche ed altri operatori specializzati; gli strumenti tradizionali di gestione della crisi di impresa, pur innovati dalle riforme legislative degli ultimi anni, mantengono profili di inefficienza soprattutto per la gestione degli unlikely to pay  (UTP); l’acquisizione della NPE delle banche da parte di fondi di turnaround potrebbe rappresentare un motore della ripresa industriale italiana e al contempo un supporto ai processi di riduzione delle esposizioni deteriorate del sistema bancario. È quanto emerso nel convegno “La Non Performing Exposure delle banche: il ruolo dei fondi comuni di investimento e altri strumenti di gestione efficiente di NPL e UTP”.

Organizzato a Milano da Fivelex Studio Legale, l’evento ha riunito esperti e player del settore per dibattere di opportunità e criticità per il private equity ed altri player specializzati nella gestione dell’esposizione bancaria, anche alla luce degli interventi della BCE e dell’EBA-European Banking Authority. Francesco Canzonieri (Mediobanca), Enrico Fagioli (Spaxs Illimity), Federico Ghizzoni (Clessidra SGR), Vincenzo Manganelli (DeA Capital Alternative Funds), Salvatore Maccarone (Presidente del Fondo interbancario di tutela dei depositi e of counsel di Fivelex), insieme ai partner dello Studio Alfredo Craca, Francesco Di Carlo e Claudio Tatozzi hanno tracciato lo scenario del settore e ipotizzato sviluppi futuri.  

La NPE delle banche italiane, dopo il loro forte aumento negli anni della crisi ha iniziato a ridursi costantemente a partire dal 2016. Per completare il processo di riduzione del NPE in Italia nei tempi che sarebbero opportuni emerge la necessità di iniziative di più ampio e l’intervento di operatori finanziari, con forti competenze nei processi di rilancio delle aziende, che affianchino le banche e le imprese nel complesso percorso di sistemazione di situazioni deteriorate. 

Il fondo può essere uno strumento virtuoso per gli attori coinvolti  (banche creditrici, imprese debitrici e altri stakeholders) e può contribuire a rilanciare le imprese in un’ottica di medio-lungo termine, grazie a un approccio all’investimento specializzato, non solo finanziario, ma anche industriale. Un mercato di grande potenzialità, soprattutto nel segmento degli UTP, per i fondi di special situations, che ha visto già nel 2017 una crescita di investimenti pari al +68% per ammontare (Fonte AIFI, 2018). 

L’analisi dei relatori intervenuti all’evento ha volto più in generale uno sguardo alla variegata gamma di strumenti di gestione della NPE a disposizione delle banche, sul presupposto che non esiste a priori una soluzione adatta e che la misura e forma tecnica di intervento va scelta di volta in volta in funzione di svariati fattori e varia a seconda delle diverse asset class oggetto di intervento (NPL o UTP). In alcuni casi, la conversione del debito in equity può essere la soluzione: le PMI che compongono il tessuto economico del Paese non riescono a far fronte al debito a causa della crisi; al contempo, sono di grande appeal a livello internazionale per storia, qualità e pricing. È qui che gli operatori del private equity decideranno di investire sempre di più, mutando lo scenario del ricorso prevalente al finanziamento bancario che caratterizza il mercato italiano del credito.

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Categories: Finanza e Mercati