La prima cartolina rappresenta i mercati finanziari dopo un anno di forti rialzi: l’Orso è dietro l’angolo? La seconda ritrae il comportamento degli investitori in fondi: il futuro è low-cost? La terza scompone il patrimonio gestito europeo: gli alternativi sono a fine corsa? La quarta tratteggia la crescita dell’attenzione verso i temi socialmente responsabili: la sostenibilità diventerà una tendenza dominante? Infine, la quinta è dedicata alla tutela del risparmio: riuscirà MIFID II nell’impresa?
Mercato surriscaldato
La fotografia. La mappa finanziaria del globo è surriscaldata. Secondo le statistiche Morningstar, circa il 60% delle azioni tratta sopra le stime del fair value (ossia il valore che può essere considerato equo in base ai fondamentali). Gli alti profitti e l’ottimismo in Borsa hanno spinto le valutazioni a livelli così alti, che sono inferiori solo alla bolla Internet e a quella del 1920.
Rapporto Prezzo/Fair Value per Paese
Le prospettive. Da una recente analisi di Damien Conover e Richard Holt, rispettivamente direttore della strategia equity e capo della ricerca azionaria globale di Morningstar, emerge che questi margini di profitto “eccezionali” potrebbero non scomparire del tutto quando il ciclo invertirà la rotta. “Mentre ci aspettiamo un parziale ritorno delle valutazioni verso valori storicamente più normali”, dicono, “crediamo che la solidità del vantaggio competitivo delle aziende più grandi manterrà la redditività sopra i livelli tipici di metà ciclo”. In pratica, l’Economic moat rappresenta una difesa dalla crescente concorrenza e dall’incremento dei costi.
Investire low-cost
La fotografia. Gli investitori sbagliano spesso il momento in cui entrare e uscire da uno strumento finanziario e il costo di questi errori è un rendimento inferiore al potenziale. Uno studio Morningstar, su un orizzonte di dieci anni ha rivelato che l’investor return (ossia il guadagno che tiene conto dei flussi in entrata e uscita dai fondi) dei sottoscrittori di prodotti a basso costo è stato migliore di quello dei clienti dei comparti più cari.
Le prospettive. In Europa, le gestioni passive, inclusi gli Exchange traded fund, rappresentano poco meno del 16% del patrimonio totale dell’industria del risparmio (esclusi i monetari). Seppure la percentuale sia in crescita, rimane piccola a confronto degli asset dei prodotti attivi distribuiti nel Vecchio continente (84%). Negli Stati Uniti, gli index fund rappresentano oltre il 35% delle masse complessive e hanno tassi di crescita superiori rispetto all’Europa e agli active fund a stelle e strisce (l’organic growth rate di questi ultimi è stato intorno allo 0% negli Usa nel 2017). Tuttavia, la direttiva Mifid II, che entrerà in vigore dal 3 gennaio 2018, introduce maggiore trasparenza sui costi a carico degli investitori e sarà un campo sul quale si giocherà la competizione tra le case di gestione. Con essa dovrebbero aumentare le pressioni al ribasso.
Tendenze alternative
La fotografia. Nel 2017, l’interesse verso i fondi che usano strategie simili a quelle degli hedge fund si è affievolito rispetto agli anni scorsi. Dopo la crisi finanziaria, sono diventati molto popolari in Europa, come mostra la crescita del patrimonio, passato da 143 a 438 miliardi di euro nell’ultimo quinquennio. Il loro successo è legato alla ricerca di soluzioni non correlate con i mercati azionari e quindi in grado di produrre un rendimento positivo anche quando le Borse entrano in una fase Orso. Spesso però hanno deluso le attese, un po’ per le alte commissioni, un po’ per il cattivo uso che ne è stato fatto e un po’ per le aspettative di un rendimento sempre e comunque positivo.
Le prospettive. Saranno in grado queste strategie di reggere quando le Borse invertiranno la rotta, dopo un periodo di crescita? E’ questo il principale interrogativo da porsi nel scegliere un fondo alternativo, soprattutto per i prodotti che sono stati lanciati negli ultimi anni e non hanno mai vissuto uno shock finanziario. In un contesto avverso, a fare la differenza sarà la capacità di essere complementari e non sostitutivi di una strategia azionaria o obbligazionaria veramente attiva. Gli alternativi non sono privi di rischio: possono migliorare il profilo di rischio/rendimento di un portafoglio, ma è bene non dare per scontato che lo facciano sempre.
La finanza sostenibile si fa largo
La fotografia. Secondo le statistiche di Morningstar, nel 2017 sono stati lanciati circa 150 fondi socialmente responsabili in tutta Europa (nel 2016 erano stati 132), a cui si aggiungono dodici Etf (Exchange traded fund). Anche per questi ultimi il numero è in aumento rispetto all’anno precedente. In base alle stime di raccolta, tra i comparti che Morningstar classifica come “socially consciuous”, quelli che hanno ricevuto più flussi sono distribuiti nel nord Europa, anche se non mancano prodotti disponibili in Italia (vedi tabella). Tra i top 10 non ci sono Etf: il primo è ventunesimo: si tratta di iShares MSCI World SRI, che ha debuttato a ottobre 2017 e ha raccolto circa 145,6 milioni di euro.
Le prospettive. Il 2017 era cominciato con la preoccupazione che le politiche anti-ambientaliste di Donald Trump potessero dare un duro colpo alla finanza sostenibile. Tuttavia, questo non è accaduto. Al contrario, come dice Jon Hale, direttore della ricerca sul tema in Morningstar, il “Trump effect” è stato quello di galvanizzare queste strategie di investimento. Sicuramente la strada da percorrere è ancora molta perché diventi una tendenza diffusa sia tra gli istituzionali sia tra i risparmiatori, ma il lavoro di sensibilizzazione fatto anche in Italia nell’ultimo anno è stato grande e con il tempo dovrebbe portare i suoi frutti.
La tutela del risparmio
La fotografia. La tutela del risparmio è sancita dalla Costituzione italiana all’articolo 47. Tuttavia, i casi di “tradimento” di questo principio sono ancora cronaca di questi giorni per le vicende delle obbligazioni subordinate di Banca Etruria, Marche, le Casse di risparmio di Chieti e Ferrara, Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Non che mancassero le normative a protezione degli investitori, che, al contrario, dopo la crisi finanziaria sono state rafforzate. Tuttavia, non sono bastate. Secondo l’Anac (Autorità nazionale anticorruzione), le richieste di accesso al Fondo di solidarietà da parte dei possessori degli strumenti subordinati emessi dagli istituti di credito in liquidazione ammonterebbero a 79,4 milioni di euro. Riuscirà la direttiva comunitaria Mifid II, che è entrata in vigore il 3 gennaio, a garantire maggior tutela?
La ruota di Mifid II
Le prospettive. Mifid II obbliga gli intermediari a mettere al primo posto gli interessi degli investitori, quindi a costruire portafogli che siano coerenti con gli obiettivi di questi ultimi e non dettati da logiche commerciali del venditore, a monitorarli nel tempo e a fornire consigli adeguati e prodotti appropriati per il cliente. Una riflessione va sicuramente fatta dal lato dell’offerta, soprattutto di quei prodotti che sono più opachi, ma anche della domanda. La profilazione presuppone che il cliente sia consapevole del rischio che può correre. Ma il Rapporto Consob 2017 sulle scelte di investimento delle famiglie italiane, rivela che il 40% degli intervistati non sa indicare il rischio di azioni e obbligazioni.