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Nordest, la locomotiva industriale dell’Italia si sta fermando? Allarme di Confindustria Vicenza per la produzione manifatturiera

Pixabay

Si sta fermando la locomotiva industriale del Nordest? È l’interrogativo che ormai ci si pone vedendo gli ultimi numeri della produzione manifatturiera in provincia di Vicenza, che nella dimensione di Confindustria conta circa 600 imprese associate per oltre 92 mila addetti occupati. Dopo il brillante recupero del post pandemia, con una serie di primati raggiunti soprattutto nelle classifiche dell’export, in termini di produzione industriale la 163° indagine congiunturale degli industriali berici – che si riferisce al primo trimestre dell’anno – registra un -5,2% rispetto allo stesso periodo del 2023. La provincia vicentina fa segnare per il quarto trimestre consecutivo il segno meno: -3,79% nel secondo trimestre 2023, -5,4% nel terzo e -2,5% nel quarto.

Le preoccupazioni degli industriali

«Stiamo parlando di una situazione ormai strutturale, non si può parlare di fine del rimbalzo post pandemia. Il contesto internazionale sta incidendo in maniera pesante sul nostro tessuto manifatturiero e non si tratta di una questione congiunturale. L’azione di deliberato attacco all’industria del Made in Italy sta mirando alle fondamenta. Non solo ce lo aspettavamo, ma avevamo messo in guardia per tempo la politica. A ottobre dell’anno scorso, in occasione della nostra assemblea a cui hanno partecipato anche il Commissario europeo Gentiloni e il Ministro Urso, avevo detto come l’aria fosse cambiata drasticamente e bisognasse fare tutto il possibile per scongiurare una grave recessione che noi vedevamo già chiaramente allora. Dire che il Paese sta in piedi con il turismo che vola non è naif, è sabotaggio. Lo avevamo detto ben otto mesi fa alla politica, a tutti i livelli, per non trovarci di nuovo a ricorrere a soluzioni di emergenza e invece nessuno ha mosso un dito», ha commentato durissima Laura Dalla Vecchia, presidente di Confindustria Vicenza.

L’incertezza dei mercati globali

La debole domanda mondiale e soprattutto l’incertezza che aleggia attorno ai mercati globali, stretti tra la paura di una nuova ondata di misure protezionistiche e le guerre sparse in giro per il mondo, sta mordendo più del previsto il freno all’economia del Nordest. Nei ragionamenti del capo degli industriali vicentini entrano anche le considerazioni sul futuro della politica industriale europea, argomento quasi completamente ignorato nella campagna elettorale per le elezioni Europee di giugno. «La politica è immobile, il dibattito sull’Europa, che è causa di molti dei suoi mali, è inesistente. Siamo chiusi in una situazione in cui da una parte abbiamo i drammatici conflitti sul campo in Europa e Medio Oriente e dall’altra una nuova edizione della guerra fredda tra Usa e Cina per il predominio economico internazionale che vede la Ue schiacciata e, mi addolora dirlo con questa franchezza, succube, quando non complice», rincara la dose Laura Dalla Vecchia.

Sfide del mercato interno ed europeo

Dal punto di vista geografico, il calo del mercato interno è quello più problematico perché fa segnare un -6,5%, più contenuta invece la flessione per l’export Ue con un -1%, vicino alla parità ma comunque con un segno negativo il mercato extra Ue (-0,3%). «La conversione verso il “tutto elettrico” nell’automotive, come primo caso, si è rivelato un cambiamento costoso, che possono permettersi solo i ricchi, oltre che non sostenibile nella sua filiera produttiva. Gli ultimi dati danno l’elettrico in Europa solo al 12% e la stessa Ue ha fatto più di una marcia indietro. Va cercata un’altra strada con altri tempi per abbattere la produzione di CO2 in maniera sostenibile. Fino ad ora non si è voluto perché si è preferito inseguire bacini di voto teleguidati dalla propaganda. Altro caso è quello degli imballaggi: perché non si vuole il riciclo spinto di cui è campione mondiale proprio l’Italia? Perché si vuole il riuso anche in ambiti oggettivamente impossibili? Questi sono i due esempi più palesi, ma di casi ce ne sono a dozzine in cui l’Europa si auto-danneggia per un pugno di voti e per l’impreparazione di molte persone che siedono su poltrone troppo importanti».

A dieci giorni dal voto non manca poi la stoccata verso l’indifferenza trasversale dei partiti italiani a riguardo dei grandi temi che disegneranno la politica economica di Bruxelles del prossimo quinquennio. «I partiti hanno trattato questa tornata elettorale come le precedenti, ovvero come strapuntino per qualcuno e soprattutto come campo per misurare gli equilibri interni. È un atteggiamento tossico e autodistruttivo per il Paese perché l’Europa incide direttamente sulla nostra vita, molto più di quanto faccia il Governo nazionale».

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Categories: Economia e Imprese