Cinque idee per il rilancio che arrivano dal Nordest, uno dei motori dell’economia nazionale che non può permettersi di perdere il treno della ripresa nel 2021. L’aggancio alla ripartenza dell’economia europea è un appuntamento che se non troverà l’Italia preparata, in primis con l’utilizzo strategico dei fondi europei, rischia di farci scivolare fuori dal gotha dei grandi Paesi occidentali che contano in chiave economica. Dal Trentino Camilla Lunelli, direttore della Comunicazione e dei Rapporti Esterni delle Cantine Ferrari, casa fondata nel 1902 e leader in Italia per le bollicine metodo classico, mette tra le priorità in agenda il rilancio del “brand Italia”: serve un grande piano di comunicazione internazionale per l’immagine del nostro Paese.
«L’export dei prodotti di alta gamma sarà ancora una volta la chiave del nostro futuro economico, anche perché il mercato interno non sarà in grado di soddisfare l’offerta delle nostre imprese. Lancerei una campagna digitale in grande stile, attraverso i principali network globali, per riportare la gioia di visitare le meraviglie italiane e comprare i nostri prodotti», osserva la Lunelli che fa parte anche dell’advisory board di Ambrosetti The European House. «Non appena si riapriranno le frontiere e si ricomincerà a viaggiare dobbiamo essere pronti con un piano strategico per il turismo. Riconfigurando però in un’ottica di sostenibilità a 360 gradi l’offerta turistica delle nostre splendide città d’arte. Questa sarà un’altra delle grandi sfide che ci attendono».
Il Triveneto, oltre al made in Italy e al turismo, è una delle grandi aree manifatturiere dell’Europa e da Verona Giordano Riello, classe 1989, ripropone nell’agenda economica nazionale il tema del “nanismo” che caratterizza molte aziende, anche di successo, e che tuttavia limita la potenzialità di molte realtà industriali. «Le aziende hanno bisogno di crescere per essere competitive. Uno strumento fondamentale per accelerare questo processo è sicuramente la detassazione degli utili reinvestiti in azienda. E’ illogico pagare le tasse su risorse che vengono spese nell’azienda stessa, dai macchinari agli investimenti in capitale umano. Se aumento le dimensioni aumento la produttività, competo sui mercati commerciali più grandi e ovviamente è possibile aumentare l’offerta di lavoro», argomenta Riello, che dopo l’esperienza in Aermec ha fondato a Rovereto il gruppo Nplus, attivo nella produzione di apparecchiature illuminotecniche e di cablaggi ed elettronica per il trasporto pubblico, navale e ferroviario (ndr. l’azienda dovrebbe chiudere il 2020 con +44%).
«Non possiamo perdere la partita degli investimenti per innovare le aziende: se non lo facciamo noi lo faranno altri in giro per il mondo, sicuramente lo stanno già facendo dall’altra parte dell’Oceano». Dalla “pancia profonda” del Veneto, esattamente a Cartigliano, poco più di tremila abitanti all’interno di uno dei tanti distretti metalmeccanici del Nordest (la famosa filiera terzista della Germania), Cappeller Spa produce molle e minuteria di precisione dal 1969. «Ci sono oltre 1.600 miliardi di depositi sui conti correnti, una cifra enorme. Il Paese avrà bisogno di convogliare una parte di questi soldi nel circuito dell’economia reale. Prima delle idee proporrei però un metodo generale per gestire l’economia di questo Paese per i prossimi anni. Un patto di non belligeranza tra le forze politiche sulla gestione concreta delle “cose serie”, ovvero le tasse e il debito pubblico, con un orizzonte temporale di almeno vent’anni.
Poi sul resto, i partiti e la politica possono scontrarsi e proporre cose irrealizzabili a loro piacimento», provoca in modo sferzante Alessandro Cappeller, Ceo di un gruppo che lavora con i principali big della meccanica europea e mondiale. Una sorta di armistizio istituzionale tra le forze politiche attuali e quelle che governeranno la seconda forza industriale d’Europa nei prossimi anni. «Il declino di questo Paese si può fermare se prendiamo finalmente sul serio il tema demografico e della natalità: nel 2002 nascevano circa 540 mila bambini all’anno, nel 2018 430 mila, un -23% che dovrebbe angosciarci. In Veneto in 16 anni “abbiamo perso” il 28% delle nascite. Tra qualche anno non solo non troveremo più laureati ma nemmeno più i diplomati».
Per il Piano Marshall “delle culle” servono soldi (l’Italia investe solo il 7,9% della spesa pubblica in educazione, un dato inferiore a quello di tutti gli altri Stati membri dell’Ue), risorse e soprattutto un piano di riorganizzazione del lavoro, della scuola e dei servizi pubblici per supportare le famiglie. «La mia idea è radicale: i bambini vanno “spesati dalla culla al diploma”. Per incentivare le nascite e le famiglie sono sicuro che le imprese e gli imprenditori sarebbero disposti a fare la loro parte, basta solo trovare le regole». Nel trevigiano, in uno dei distretti famosi nel mondo per le calzature sportive, l’avvocato Enrico Moretti Polegato, vicepresidente della Geox e Ceo del marchio Diadora, mette l’accento sulla necessità non più prorogabile di investire sulla formazione e sul futuro professionale dei giovani.
«L’Italia non può assolutamente permettersi il lusso di avere generazioni perdute, a tutti i livelli di responsabilità abbiamo il dovere di credere nel rilancio del Paese. La politica e le classi dirigenti devono a tutti i costi mettere al centro delle priorità nazionali la formazione e la scuola di ogni ordine e grado, questa volta con risorse importanti da investire». I mesi della pandemia sono serviti in casa Diadora per riconfigurare, come spiega Moretti Polegato, anche l’aspetto cruciale dell’identità aziendale, uno dei punti chiave per competere all’interno di dinamiche commerciali e di marketing sempre più complesse. «A tutti i nostri stakeholder vogliamo trasmettere l’identità sempre più forte di un’azienda che fa dello sport la propria filosofia di vita, che accompagna chi fa sport passo dopo passo, esperienza dopo esperienza. Lo vogliamo fare con prodotti che trasmettono passione, “italianità” e gusto tipico del made in Italy».
A Bassano del Grappa, storico cluster dell’oro e della gioielleria italiana di lusso, Filippo Alessi, amministratore delegato della Domenico Alessi Spa, per il rilancio post pandemia punta sulla sostenibilità dei processi produttivi, anche per quanto concerne la qualità della vita lavorativa dei propri dipendenti. «Il capitale umano è il capitale principale che governano gli imprenditori, questi mesi hanno reso ancora più evidente che il successo di un’azienda è fatto dalle persone che ci lavorano. Le aziende per contendersi i migliori lavoratori e le migliori professionalità avranno bisogno di sistemi di benefit e di welfare aziendali sempre più innovativi, superando e supplendo alle mancanze delle politiche pubbliche».
E nondimeno proprio sul versante della sostenibilità ambientale le fabbriche manifatturiere avranno di fronte anni di enormi cambiamenti. «La prossima sfida?», conclude Filippo Alessi, che guida la quarta generazione di una industria nata nel 1946. «Miglioramenti continui e progressivi della sostenibilità dei processi produttivi: stiamo cercando di eliminare gli acidi, sostituendoli con l’utilizzo di materiali chimici ecosostenibili».