Ormai è un coro assordante. Tutti attribuiscono alle rigidità della signora Merkel la colpa della crisi dell’Euro e si affannano a condannare Berlino per la mancanza di solidarietà nei confronti dei paesi più indebitati, e per aver imposto drastiche misure di austerità a tutti i paesi cicala, spingendo così l’economia in recessione e portando le popolazioni, a cominciare dalla greca, sull’orlo della fame. Dopo la vittoria di Hollande la parola d’ordine è “crescita”, obiettivo in sè giusto ed auspicabile, ma che viene perseguita in genere tramite la richiesta di un allentamento dei vincoli di spesa pubblica di ciascun paese o con la richiesta di rendere europeo una parte del debito pubblico dei singoli Stati.
Ma i tedeschi resistono. Per loro la crescita passa per il risanamento dei conti pubblici e per le riforme capaci di ridare competitività ai paesi attualmente in crisi. Se oggi allargassimo rapidamente i cordoni della Borsa, dicono a Berlino, chi ci assicura che i governi dei paesi meno disciplinati non riprendano le vecchie abitudini, abbandonando la strada del risanamento e delle riforme? Insomma la domanda è questa: allentando i vincoli come possiamo garantirci che i governi non cadano di nuovo in politiche di corto respiro, abbandonandosi a quell’azzardo morale che in passato ha già portato a dissipare i vantaggi che erano arrivati con l’introduzione dell’euro? L’Italia ad esempio, entrando nell’euro ha beneficiato per oltre un decennio di tassi d’interesse simili a quelli tedeschi, con un risparmio cumulato sui conti dello Stato di almeno 800 miliardi di Euro. Ebbene questi denari non sono stati usati nè per ridurre il debito pubblico, nè per fare investimenti capaci di aumentare la competitività del paese, ma sono stati spesi in aumento della spesa corrente, cioè in generosi salari per la pubblica amministrazione e soprattutto per aumentare gli acquisti di beni e servizi senza badare troppo ai prezzi. In più le dichiarazioni di molti politici e l’orientamento della pubblica opinione (veicolata soprattutto dai dibattiti tv) non sono per nulla rassicuranti per i sospettosi tedeschi. Quando esponenti di tutti i partiti italiani, dai grillini ai leghisti, invocano un allentamento dei vincoli di bilancio per sostenere la crescita con spese sociali, a Berlino si trova conferma dei loro peggiori timori. E cioè che un allentamento dei vincoli finanziari porterebbe all’abbandono del risanamento e delle riforme di struttura ( che passano anche per le privatizzazioni e per la vendita del patrimonio immobiliare pubblico) che possano rendere sostenibile la crescita nel medio periodo.
Non però che i tedeschi abbiano tutte le ragioni. A Berlino devono capire che una moneta non può sopravvivere a lungo con squilibri di competitività così forti come quelli che portano la Germania ad avere un enorme surplus della bilancia dei pagamenti e tutti gli altri paesi un deficit quasi di pari ammontare. Questo significa che l’euro per i tedeschi è sottovalutato mentre per tutti gli altri paesi è sopravvalutato. In passato questi squilibri tendevano ad essere colmati da meccanismi automatici che portavano ad un aumento della domanda e dell’inflazione nei paesi in surplus e quindi a ridurne la competitività a vantaggio dei paesi in deficit che invece dovevano comprimere la loro domanda interna. Oggi questi meccanismi non sono automatici, ma ci vogliono decisioni politiche che li attivino. Per questo è importante che a Berlino si guardi ora con maggior favore ad un aumento dei salari interni e si metta da parte la propria ossessione per il contenimento dlel’inflazione.
E’ un primo passo, ma non basta. Il problema ora è quello di colmare il divario temporale che passa tra il manifestarsi degli effetti delle politiche di risanamento e la situazione attuale che rischia un avvitamento recessivo con conseguenze negative sulle banche e quindi sulla stessa vita dell’Euro. La barocca governance europea con la conseguente difficoltà a prendere decisioni, getta i mercati nella più assoluta incertezza e quindi i comportamenti degli operatori dettati dalla necessità di evitare qualsiasi rischio, finiscono per aggravare la crisi finanziaria e spingere le economie dei paesi più deboli verso recessioni ancora più profonde di quelle derivanti dalle misure di austerità adottate.
Il punto centrale che il vertice informale dei capi di Stato dovrà affrontare domani a Bruxelles, è proprio questo: come creare un sistema di protezione così credibile da convincere i mercati sulla sopravvivenza dell’euro e nello stesso tempo come mantenere alta la tensione di tutti i paesi verso quelle riforme strutturali che possano convincere gli investitori di tutto il mondo a guardare con fiducia ad una duratura crescita dell’Europa. Sicuramente potranno servire strumenti capaci di favorire gli investimenti infrastrutturali, ma quello che veramente convincerebbe i mercati sarebbe un annuncio di un rafforzamento dei fondi Efsf e Esm (con possibilità di un loro intervento diretto anche sulle banche) una eventuale garanzia comunitaria sui depositi per evitare la corsa dei risparmiatori agli sportelli delle banche, e soprattutto una copertuta politica all’allargamento delle facoltà di intervento della Bce sia per aumentare la fornitura di liquidità al sistema finanziario, sia per acquistare direttamente (anche in accordo con l’Esm) titoli di Stato sia sul mercato che direttamente in asta. E questo dovrebbe essere fatto per tutti quei paesi che si sono dotati di programmi seri e credibili di risanamento. E’ probabile che il solo annuncio di queste misure sia sufficiente a superare le diffidenze del mercato e quindi ad avviare una decisa riduzione degli spread, senza quindi il bisogno di imponenti interventi da parte della Bce e del Fondo salva Stati. In questo modo non vengono fatti passi per la messa in comune dei debiti dei vari paesi tramite gli Eurobond che la Germania considera prematuri, ma si agisce soprattutto sulla liquidità del sistema con qualche eccezione per quel che riguarda i titoli di Stato che finirebbero in pancia alla Bce e all’Esm. Ma visto che in questo momento si compra a prezzi bassi, questi due enti potrebbero anche ritrovarsi tra qualche tempo con buone plusvalenze!
Ma c’è una condizione irrinunciabile sulla quale la Merkel punterà i piedi: tutto questo sarà possibile solo se contemporaneamente si rafforzerà la volontà dei paesi più deboli di proseguire sulla strada del risanamento. E questa si compone di due parti. Il pareggio del bilancio pubblico e le riforme per rendere più competitive le economie. In questo senso i partiti italiani, invece di consigliare a Monti di battere i pugni sul tavolo, dovrebbero, più utilmente, dare chiari segnali di voler procedere sulla strada della riduzione della spesa pubblica (magari facendo qualche proposta di tagli per aiutare l’opera di Bondi), della vendita del patrimonio dello Stato e degli enti locali, oltre ovviamente ad approvare velocemente le riforme attualmente in Parlamento come quella del mercato del lavoro. Ma questo è proprio l’esatto contrario di quello che i partiti italiani stanno facendo.