Non solo Recovery Plan. Nell’ultimo anno non si parla d’altro che dei fondi che l’Unione Europea ha stanziato per far fronte agli effetti economici disastrosi della pandemia di Covid-19. Con il Next Generation EU, infatti, Bruxelles è stata molto generosa con l’Italia a cui è stata destinata la fetta più grande della torta, pari a 191,5 miliardi di euro. Il budget che l’Ue mette a disposizione degli Stati Membri però non si limita solo alle “risorse pandemiche”, anzi. Molto importanti sono anche i fondi “ordinari” che saranno erogati nell’ambito del Quadro finanziario pluriennale 2021-27 approvato lo scorso giugno.
In cifre parliamo di un totale di oltre mille miliardi di euro complessivi da qui ai prossimi 6 anni. Un importo in linea con quelli previsti dai precedenti cicli di programmazione e poco al di sopra dell’1% del PIL dei Paesi dell’Unione.
Il Monitor sulla Finanza Locale della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo rende conto di quante risorse arriveranno in Italia grazie al nuovo Quadro Finanziario e a chi andranno.
42 MILIARDI PER L’ITALIA
Nel dettaglio, nel corso del nuovo ciclo di programmazione della Ue all’Italia sono state assegnate 42 miliardi di euro di risorse, fondi ai quali si aggiungerà il cofinanziamento nazionale, arrivando complessivamente a 82 miliardi di euro. La maggioranza di questi soldi (53,5 miliardi) andranno alle regioni meno sviluppate, mentre i restanti 27,4 miliardi saranno suddivisi tra le regioni più sviluppate e quelle in transizione. Abruzzo, Sardegna e Molise raddoppieranno le risorse a loro disposizione, sottolinea il Monitor di Intesa Sanpaolo, che tuttavia lancia l’allarme sulla capacità di spesa effettiva di queste risorse.
In base a quanto previsto dalle Regole Ue, infatti, i fondi devono essere spesi entro 2 anni dalla fine del settennato (è la norma “n+2”), altrimenti vengono disimpegnati. “I dati sull’attuazione del precedente periodo di programmazione indicano le difficoltà di programmazione e spesa: al 30 aprile 2021 rimangono oltre 10,5 miliardi di euro da impegnare entro il 2023. Serve inoltre indubbiamente uno sprint per spendere gli oltre 26 miliardi di euro che al 30 aprile non risultavano ancora pagati”, evidenzia la Direzione Studi e Ricerche di Intesa.
INVESTIMENTI PUBBLICI IN CALO
Il Monitor passa poi ad analizzare gli investimenti pubblici rilevati dai Conti Pubblici Territoriali. Ebbene, tra il 2009 e il 2018 gli investimenti pubblici si sono ridotti di oltre 17 miliardi, con un dimezzamento del livello di spesa complessivo nel giro di un decennio. La riduzione della spesa per investimenti si è concentrata soprattutto sulle Amministrazioni territoriali: “dei 17 miliardi di spesa persi, quasi 13 miliardi hanno riguardato le Amministrazioni locali”, si legge nel report.
Sotto il profilo geografico il ribasso ha interessato tutte le regioni, eccezion fatta per l’Abruzzo e la provincia autonoma di Bolzano (rimasta stabile). Il calo più marcato lo ha registrato invece il Lazio (-1,6 miliardi di euro, che in termini reali è pari a una riduzione del 75%), seguito dalla Valle d’Aosta (-78% in termini reali). Dal punto di vista settoriale invece la riduzione ha interessato soprattutto la Viabilità, la Sanità, l’Amministrazione generale, l’Ambiente, la Sicurezza pubblica e la Previdenza. Fanno eccezione solo i comparti Lavoro ed Energia.
In questo contesto però arrivano anche delle buone notizie: “i dati riferiti agli ultimi anni evidenziano una svolta: nel 2019 la spesa delle Amministrazioni pubbliche per investimenti è cresciuta”, sottolinea Intesa. Un contributo importante alla spesa per investimenti è arrivato dalle imprese pubbliche, locali e nazionali: le imprese partecipate, in particolare, hanno in parte sostituito gli investimenti mancati da parte delle Amministrazioni pubbliche negli ultimi anni e hanno dato una importante spinta alla ripresa del 2019.