Tutto rinviato alla settimana prossima. Al primo vertice europeo post elezioni chiamato a scegliere chi guiderà la nuova legislatura, i leader dei Ventisette non sono riusciti a trovare un’intesa sulle nomine. Nessuna decisione formale era prevista, però ci si aspettava un accordo di massima sullo schema, perché la rosa di nomi proposti per i top jobs, ossia sulle massime cariche istituzionali dell’Ue, era giudicata sostanzialmente solida. E invece si è concluso tutto con un nulla di fatto, in attesa di un nuovo vertice in programma per il prossimo 27-28 giugno, tre giorni prima delle elezioni anticipate in Francia e quattro giorni prima che l’Ungheria assuma la presidenza di turno. I tempi, dunque, sono stretti.
Michel: “Non vi è accordo stasera”
“Abbiamo una direzione giusta ma in questo momento non c’è accordo“, ha detto il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel al termine della cena dei leader. “È nostro dovere concludere entro la fine del mese”, ha poi rassicurato.
Il presidente uscente del Consiglio Ue ha spiegato che il meeting è stato comunque utile per fare il punto dopo le elezioni europee che hanno dato la maggioranza al partito popolare.
Le critiche di Orban e i dubbi di Tusk
Popolari, socialisti e liberali avrebbero voluto confermare la maggioranza della legislatura precedente. Per quanto riguarda i vertici, l’intenzione era di quella di confermare Ursula von der Leyen alla Commissione e nominare il socialista portoghese Antonio Costa al Consiglio, la liberale estone Kaja Kallas al “ministero degli Esteri” Ue. Prevista poi la conferma di Roberta Metsola al Parlamento Ue. Sui primi tre sono stati espressi dubbi da parte di vari leader anche se la conferma di von der Leyen per il momento non sembra essere in discussione. “Non vedo voci che possano mettere in discussione il nome» di Ursula von der Leyen per un secondo mandato alla guida della Commissione europea, ha detto il premier croato Andrej Plenković.
In questo frangente, poco prima dell’inizio del vertice informale i popolari hanno anche chiesto di cambiare il colore politico della casella al Consiglio a metà mandato, come accade per l’Eurocamera. Una mossa che potrebbe rendere più impervia la strada verso un accordo ma che andrebbe letta nella logica delle trattative sull’intero esecutivo blustellato, con le vicepresidenze comprese.
“La volontà dei cittadini europei è stata ignorata oggi a Bruxelles. Il risultato delle elezioni europee è chiaro: i partiti di destra si sono rafforzati, la sinistra e i liberali hanno perso terreno. Il PPE (…) alla fine si è alleato con i socialisti e i liberali: oggi hanno fatto un accordo e si sono divisi i posti di comando della UE”, ha commentato su X il premier ungherese Viktor Orbán, mentre l’Ungheria sta per ereditare la presidenza di turno del Consiglio Ue.
Preoccupato anche il primo ministro Polacco Donald Tusk che ha espresso timori per i possibili futuri problemi giudiziari di Costa, il cui capo di gabinetto ha problemi con la giustizia in Portogallo. C’è chi come il presidente slovacco Peter Pellegrini è sembrato preoccupato dai toni troppo anti-russi della signora Kallas.
La posizione di Meloni
La partita più importante, ma non la più difficile, riguarda la conferma di Ursula von der Leyen e in molti si chiedono in questo contesto quali sono le intenzioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni che nonostante gli ottimi rapporti con l’attuale presidente della Commissione ha dichiarato di non voler accettare un “pacchetto di nomine preconfezionato”.
In questo contesto, per quanto una parte consistente del Ppe e dei suoi leader nazionali voglia tenere un dialogo aperto con i Conservatori e Riformisti, per un importante settore di quel partito un accordo con l’Ecr risulta comunque indigeribile. Non a caso il popolare Tusk si è subito schierato contro ipotesi di accordi con l’Ecr (di cui è presidente la premier italiana) visto che sia al Consiglio europeo sia in Parlamento non ce ne sarebbe alcun bisogno almeno sulla carta. Dell’Ecr fa parte il partito Diritto e Giustizia, ora all’opposizione in Polonia.
“Non è mio compito convincere Meloni, abbiamo già una maggioranza con Ppe, liberali, socialisti e altri piccoli gruppi, la mia sensazione è che sia già più che sufficiente”, aveva sottolineato già a ora di pranzo il premier polacco Donald Tusk (uno dei due negoziatori popolari) a chi gli chiedeva se ci fossero altri equilibri di cui dover tenere conto. I voti di Fratelli d’Italia però potrebbero far comodo perché la conferma dei deputati è obbligatoria e in questo passaggio c’è la preferenza segreta.
“Ora dobbiamo lasciar marinare le cose”, ha commentato il presidente francese Emmanuel Macron aggiungendo di ritenere l’accordo finale “vicino”. Macron ha tuttavia sottolineato che l’intesa potrebbe non arrivare prima delle elezioni francesi (che si terranno il 30 giugno e il 7 luglio). “Non è comunque il nostro obiettivo”, ha comunque assicurato.