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Nomine Ue, bis per von der Leyen ma Meloni resta in trincea: “Noi non ci accodiamo”. Cosa è stato deciso, ora si tratta sui commissari

Nomine Ue, via libera all’accordo ma senza l’Italia. Al Consiglio europeo la premier Meloni ha bocciato l’intesa raggiunta tra popolari, socialisti e liberali: si è astenuta sulla riconferma di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione e ha votato no su Costa e Kallas. “Nomine sbagliate nel metodo e nel merito, escludo che qualcuno voglia farcela pagare, sarebbe vergognoso”, ha detto la leader FdI. Il voto di Orbán, le mosse del Pis e le parole di von der Leyen. Cosa può succedere ora

Nomine Ue, bis per von der Leyen ma Meloni resta in trincea: “Noi non ci accodiamo”. Cosa è stato deciso, ora si tratta sui commissari

Nomine Ue, la fumata bianca sui top jobs alla fine è arrivata con lo strappo, però, dell’Italia che resta in trincea e dice no. I leader europei blindano l’accordo confezionato da popolari, socialisti e liberali e consegnano le chiavi dell’Europa che verrà di nuovo a Ursula von der Leyen. Il sì alla triade che la tedesca formerà per i prossimi cinque anni con Kaja Kallas nelle vesti di Alto rappresentante Ue e Antonio Costa a guidare i lavori del Consiglio europeo ha trovato la maggioranza qualificata – rafforzata – necessaria intorno al tavolo dell’Europa building. Ma, nonostante il negoziato serrato trainato dai popolari Ue per convincere anche l’esclusa Giorgia Meloni, l’Italia ha bocciato l’intesa astenendosi sul nome di von der Leyen e votando contro i candidati estone e portoghese. Un “no” che allontana l’Italia dall’Europa. Al vertice, inoltre, accordo sulla sicurezza dell’Ucraina con il presidente Volodymyr Zelensky, il premier ungherese Viktor Orbán per ora conferma il veto sugli aiuti militari.

Nomine Ue, cosa è successo al Consiglio europeo

Nella notte in cui il Consiglio europeo dà il via libera alle nuove cariche apicali dell’Ue, la premier Meloni si astiene, dunque, sulla riconferma di von der Leyen e vota no alla designazione del socialista portoghese Antonio Costa e della liberale estone Kaja Kallas. Di fatto, Meloni opta per la linea dura dopo aver tuonato in patria contro la “logica dei caminetti” e la conventio ad excludendum che – a suo dire – Ppe, S&D e Renew avrebbero attuato nei confronti dell’Italia preconfezionando il loro “pacchetto” sulle nomine per i top jobs.

Al termine dei lavori, prima con un tweet e poi durante un punto stampa, Meloni ribadisce la sua posizione: “La proposta formulata da popolari, socialisti e liberali per i nuovi vertici europei – sottolinea la leader di Fratelli d’Italia – è sbagliata nel metodo e nel merito. Ho deciso di non sostenerla per rispetto dei cittadini e delle indicazioni che da quei cittadini sono arrivate con le elezioni“.

Nomine Ue, cosa può succedere ora

In attesa del pronunciamento del Parlamento europeo, che – come da regole – dovrà comunque esprimersi sulla nomina di von der Leyen (la data da tenere a mente è quella del prossimo 18 luglio, con una soglia minima di voti necessari pari a 361 tenendo conto del fatto che, a oggi, popolari, socialisti e liberali possono contare su 399 placet), i riflettori sono puntati ora sulle trattative per l’assegnazione dei commissari: “Continuiamo a lavorare per dare finalmente all’Italia il peso che le compete in Europa”, dice infatti la presidente del Consiglio. E qui ora si gioca una nuova partita.

Calato il sipario sul Consiglio europeo, il primo della nuova legislatura, fonti di Palazzo Chigi spiegano la ratio della scelta di Meloni e – riporta l’Adnkronos – rimarcano come, davanti ai leader degli altri 26 Paesi Ue, la premier italiana abbia esternato la propria contrarietà al metodo che i negoziatori popolari, socialisti e liberali hanno seguito nella scelta dei profili, esprimendo voto contrario a Costa e Kallas. Per quanto riguarda la nomina di von der Leyen a presidente della Commissione, sottolineano le stesse fonti, “si è deciso per un voto di astensione nel rispetto delle diverse valutazioni tra i partiti della maggioranza di governo” dove coesistono orientamenti differenti come quello di Antonio Tajani, leader di Forza Italia, che sostiene la candidata del Ppe von der Leyen, e quello di Matteo Salvini, alla guida della Lega, che invece sente “puzza di colpo di Stato” sulle nuove nomine.

Palazzo Chigi ora aspetta di conoscere “le linee programmatiche” di von der Leyen e “aprire una negoziazione sul ruolo dell’Italia”. Un ruolo che Roma intende far valere chiedendo una vicepresidenza della Commissione e un commissario con deleghe pesanti: tra i nomi in pole c’è quello del ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, che potrebbe accasarsi a Bruxelles come commissario alla Coesione e al Recovery Plan. Ma circola anche il nome di Guido Crosetto a cui potrebbero andare le deleghe per la Difesa. Per il posto di commissario, la proposta dell’Italia dovrebbe virare su Elisabetta Belloni. Ma la Francia di Emmanuel Macron, alle prese con il voto legislativo di domenica prossima, per quel che riguarda la vicepresidenza vorrebbe proprio le stesse deleghe. Quindi?

La strategia di Meloni

È la stessa Meloni, a tarda notte, a ribadire la sua linea davanti ai cronisti: “Penso che l’Italia debba far valere il suo ruolo, il suo peso e l’indicazione dei suoi cittadini. All’Italia – assicura – verrà riconosciuto quello che le spetta, non per le simpatie espresse dal governo ma perché è un Paese fondatore ed è la terza economia europea. È una necessità per l’Europa lavorare bene con l’Italia. Io mi sono guadagnata il rispetto tra i miei colleghi perché sono abituata a dire le cose come le penso. Sono rispettata perché non ho una doppia faccia”. La premier dice di non credere all’ipotesi di una ritorsione nei confronti dell’Italia dopo il suo no di stanotte: “Se fosse così sarebbe vergognoso. Lo escludo”. Un eventuale sostegno in Parlamento al bis di Ursula, spiega l’inquilina di Palazzo Chigi, dipenderà dai provvedimenti che il capo dell’esecutivo Ue intenderà mettere in campo e dal peso che verrà riconosciuto all’Italia: “Il tema non è Ursula von der Leyen ma quali sono le politiche che intende portare avanti. Come accade anche per gli altri nomi che sono stati fatti (Costa e Kallas, ndr) noi non abbiamo risposte”.

Ecr, gruppo diviso: le mosse dei polacchi e i rischi

Sulle nomine, lo stesso Ecr (Conservatori e riformisti europei, il gruppo politico di Meloni in Ue) si è dimostrato tutt’altro che granitico. Il premier ceco Petr Fiala per esempio, unico altro leader conservatore nel Consiglio, ha dato il suo assenso ai top jobs. E per quanto riguarda un altro dei protagonisti del fronte sovranista, l’ungherese Viktor Orbán, la sua posizione si è mostrata contraria a von der Leyen, favorevole a Costa e di astensione su Kallas. Meloni però non vuole sentire parlare di isolamento: “Penso che il ruolo dell’Italia non sia quello di aspettare quello che fanno gli altri e accodarsi. Io sono sempre stata convinta del fatto che la leadership stia nel fatto che qualcuno si accorga che tu esista”. Intanto all’Europarlamento il gruppo Ecr è alle prese con il primo, possibile strappo con i polacchi del Pis.

“Stanno trattando delle posizioni in Ecr. Ci rivedremo settimana prossima e vedremo come finisce”, spiegano ancora all’Adnkronos fonti italiane di Ecr commentando l’intervista a Politico del primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, il quale ha dichiarato che il suo partito, il Pis, sta sondando la possibilità di dar vita a un gruppo dell’Europa centro-orientale al Parlamento europeo. In caso di fuoriuscita dei parlamentari polacchi, il gruppo di Meloni dovrebbe dire addio alla terza posizione come compagine più numerosa dell’Eurocamera, con evidenti ricadute sulla sua influenza nelle negoziazioni.

Nomine Ue, cosa ha detto Meloni

“Io penso che la proposta” sui top jobs “fosse sbagliata nel merito e nel metodo, non è stata vagamente anticipata da una discussione su quale mandato dare a seguito di elezioni in cui i cittadini hanno chiesto una linea nuova e diversa in Ue. E imporre una logica maggioranza e opposizione non ha alcun senso. Lo considero un grande errore, soprattutto una mancanza di rispetto nei confronti dei cittadini”. Così Giorgia Meloni al termine del Consiglio europeo.

“All’Italia verrà riconosciuto ciò che le spetta per il ruolo e il peso dell’Italia, non per la simpatia” nei confronti del governo. “Ursula von der Leyen dovrà dire cosa vorrà fare in Parlamento, le valutazioni si fanno a valle e non a monte”. E ancora: “Non sono d’accordo che il voto contrario mette a rischio la nostra posizione in Ue. Sarebbe vergognoso se ce la facessero pagare. Escludo che sia così perché abbiamo una responsabilità come leader, rispondere ai cittadini. L’Italia deve far valere il suo ruolo e il suo peso”, ha detto ancora.

“Penso che si sia meno isolati quando si ha la capacità di esercitare una leadership: il ruolo dell’Italia non è che ci accodiamo e così nessuno si accorgerà di noi. Credo che questo sia il ruolo dell’Italia”. Non da ultimo: “Il tema non è Ursula von Leyen ma quali sono le politiche che vuole portare avanti. E su questo non abbiamo risposte”.

Nomine Ue, cosa ha detto von der Leyen

“Sono molto grata per il sostegno che ho avuto dal Consiglio europeo. In effetti Giorgia Meloni si è astenuta. Per me è molto importante lavorare bene nel Consiglio europeo con l’Italia, così come con gli altri Stati membri. Questo è il principio che seguo sempre”. Lo ha detto Ursula von der Leyen, rispondendo a una domanda durante la conferenza stampa al termine del Consiglio europeo di Bruxelles.

Quanto alla possibilità di andare a chiedere, nel Parlamento europeo, anche i voti di almeno una parte degli eurodeputati conservatori, vale a dire il gruppo a cui appartiene Meloni, von der Leyen ha annunciato: “Lavorerò con tutti i membri del Parlamento europeo, per me è molto importante il principio di lavorare con quelli che sono pro-europei, pro-Ucraina e pro-stato di diritto. Devo convincere la maggioranza, quindi stiamo costruendo una piattaforma con il Ppe, S&D e Renew”.

“Ma – ha continuato – mi rivolgerò anche ad altri, anche ai deputati di gruppi diversi dalla piattaforma. Per me si tratta di convincere, se possibile, un’ampia maggioranza per un’Europa forte. Quindi – ha concluso von der Leyen – questo è ciò su cui lavorerò nelle prossime tre settimane, intensamente, e poi vedremo”.

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