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NOMINE PUBBLICHE – Pd e Pdl frenano il governo Letta: domani il giorno della verità

Dopo aver avviato i primi tagli ai costi della politica, Enrico Letta e Fabrizio Saccomanni vorrebbero dare un segnale forte anche sulle 190 nomine in programma ai vertici delle 32 società pubbliche direttamente controllate dal Tesoro e di quelle in cui il controllo del Tesoro è indiretto, ma c’è. In gioco ci sono le poltrone di comando dell’Eni, dell’Enel, delle Ferrovie dello Stato, di Terna, delle Poste, di Finmeccanica, della Sace e di tante altre società pubbliche più o meno prossime alla scadenza.

Per segnare una svolta il Governo punta su criteri di onorabilità (via chi ha carichi pendenti con la giustizia), eleggibilità (le aziende pubbliche non possono essere un refugium peccatorum dei trombati alle elezioni), professionalità (le performance degli anni scorsi devono pur contare qualcosa, perché non si può mettere sullo stesso piano chi presenta bilanci brillanti e chi accumula perdite o debiti a carico dei contribuenti), età (dopo i 70 anni i manager dovrebbero andare in pensione), limite al numero dei mandati (non più di tre- cioè 9 anni – nella stessa azienda) e tetto ai compensi. Le intenzioni sono eccellenti ma non è detto che diventino realtà.

Pdl e Pd sono in agguato e domani potrebbe essere il giorno della verità con la definitiva presentazione della mozione parlamentare bipartisan di cui è primo firmatario il senatore del Pd Tomaselli. La vigilia però non promette molto di buono. Il Pd vorrebbe porre le basi per fare la parte del leone nelle future nomine come se avesse stravinto le elezioni politiche. Il Pdl, sensibile ai desiderata dei grandi boiardi di Stato vicini a Silvio Berlusconi, vorrebbe invece far saltare il tetto dei tre mandati consecutivi, rendere più lasche le norme sull’ineleggibilità e aprire le porte ad ex parlamentari e a trombati di vario genere, alla faccia della professionalità. Meno spazio sembra trovare il merito e cioè una pubblica valutazione dei risultati di bilancio delle diverse società in campo.

A far temere il peggio è la mossa decisa nei giorni dal vicepresidente del Senato Linda Lanzillotta, alfiere della meritocrazia anche nel settore pubblico, che ha ritirato la firma di Scelta civica dalla mozione Tomaselli dopo la preventiva bocciatura da parte di Pd e Pdl dei suoi emendamenti sul tetto di tre mandati consecutivi e di 70 anni d’età per i manager pubblici e sullo sbarramento ai trombati della politica.

Vedremo come andrà a finire ma se la politica pensa di recuperare credibilità a spese dei contribuenti con giochetti da retrobottega si sbaglia di grosso e non si venga poi a lamentare se alle elezioni l’astensionismo cresce.

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