La volta scorsa fu un tourbillon ma stavolta per le nomine pubbliche ai vertici dei giganti dell’economia controllati dallo Stato non sarà più così, fatta salva l’incognita giudiziaria e i suoi conseguenti effetti. In questo campo le sorprese sono sempre dietro l’angolo ma quel che è certo è che nelle prossime settimane non verrà replicata la scena di tre anni fa quando il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, entrò nello studio di Matteo Renzi a Palazzo Chigi, con una lista di candidati e quella lista finì nel cestino perché il Presidente del Consiglio aveva già deciso di cambiare tutto e di consolidare la sua fama di rottamatore anche alla testa delle grandi aziende pubbliche.
Questa volta non andrà così per almeno due buone ragioni: la prima è che, nella stragrande maggioranza dei casi, le nomine del governo Renzi hanno avuto successo, come testimoniano i conti delle imprese pubbliche sotto esame, e non c’è ragione di sconvolgerle se non motivi esogeni e la seconda è che Renzi, pur restando l’azionista di riferimento del Governo, è più debole di tre anni fa e deve tener conto del punto di vista del nuovo premier Paolo Gentiloni e dei ministri dell’Economia e dello Sviluppo economico, Padoan e Calenda. Senza dimenticare che anche i fondi di investimento, organizzati in Assogestioni, non mancheranno di far sentire la loro voce soprattutto nelle società dove il mercato è virtualmente in maggioranza.
Ecco perché “quieta non movere” è oggi il mainstream che circola nelle stanze del potere a quindici giorni dalla presentazione delle prime liste ufficiali dei candidati del Tesoro per il rinnovo dei consigli d’amministrazione dell’Eni, dell’Enel, di Terna, di Leonardo, di Poste Italiane e di Enav, cioè della parte più rilevante della Borsa e del capitalismo italiano.
Allo stato delle cose, rispetto alla linea di continuità si profila una sola eccezione nelle grandi nomine pubbliche: quella di Leonardo-Finmeccanica per la quale entra in campo la variabile giudiziaria con la recente condanna in primo grado a 7 anni dell’ad Mauro Moretti, per il disastro ferroviario di Viareggio avvenuta quando era alla guida delle Ferrovie dello Stato. Una conferma di Moretti, al di là delle sue indiscusse qualità, sarebbe il bersaglio facile delle proteste dell’opposizione grillina in campagna elettorale ma soprattutto suonerebbe come una mancanza di sensibilità nei confronti delle famiglie delle vittime di Viareggio. Ecco perché il Governo prepara la sostituzione al timone di Leonardo-Finmeccanica e spera di mettere a segno un colpaccio con la nomina di un top manager di fama internazionale come Alfredo Altavilla, braccio destro di Sergio Marchionne e chief operation officer del gruppo Fiat Chrysler Automobiles per l’Europa.
Non sarà affatto facile convincere Altavilla, uno dei top manager più in vista in Fca, ma se ci si riuscisse per il Governo diventerebbe subito un nuovo fiore all’occhiello. Interpellato in proposito proprio oggi dal Corriere della Sera su un suo ipotetico futuro in Leonardo, Altavilla risponde così: “Sono totalmente impegnato a conseguire il Piano Strategico 2018 di Fca per la mia regione, non commento le indiscrezioni stampa”. Parole amletiche che non esprimono con nettezza nè un sì nè un no a un futuro professionale in Leonardo ma che oggi non avrebbero potuto essere diverse da così.
In alternativa, se l’ipotesi Altavilla si rivelasse impraticabile, l’azionista pubblico ha due strade per trovare una nuova guida a Leonardo: o promuovere un manager interno (il primo della lista è Fabrizio Giulianini, capo del settore elettronica, sistemi e sistemi di sicurezza del gruppo) o spostare su Leonardo l’ad di Poste Italiane, Francesco Caio, che ha le competenze tecnologiche per un incarico del genere. Probabile invece resta la conferma alla presidenza di Leonardo di un civil servant come Gianni De Gennaro.
L’eventuale trasloco di Caio alla testa di Leonardo avrebbe un effetto domino che oltre a Poste Italiane potrebbe coinvolgere anche la Cassa depositi e prestiti (Cdp) e forse perfino Terna. La ragione è semplice: a sostituire Caio alle Poste potrebbe andare l’attuale ad della Cdp, Fabio Gallia, che non disdegnerebbe gestire una società direttamente operativa e in via di trasformazione come quella postale, dove la componente finanziaria cresce a vista d’occhio. In quel caso si libererebbe una poltrona di grande importanza alla Cassa, da cui proviene l’attuale ad di Terna, Matteo Del Fante, che gradirebbe continuare la sua missione al vertice della società della rete elettrica ma che non potrebbe opporsi, in caso di necessità, a una diversa chiamata del Governo.
Quella del tourbillon delle nomine dovuta agli effetti della variabile giudiziaria su Leonardo non è ad oggi la più probabile delle ipotesi ma non si può escludere del tutto. Molto dipenderà dalla risposta di Altavilla al Governo. Non sembra invece che le incognite giudiziarie che investono l’ad dell’Eni, Claudio Descalzi, per il quale i Pm di Milano hanno chiesto il rinvio a giudizio per corruzione internazionale per la presunta maxi-tangente nigeriana, induca l’azionista pubblico a cambiare per ora cavallo. Descalzi pare destinato a restare alla guida dell’Eni e il suo futuro dipenderà dagli sviluppi del processo.
Confermatissimi i team di vertice dell’Enel e di Terna (salvo che Del Fante non venga chiamato ad altri incarichi) in virtù degli eccellenti risultati conseguiti da Francesco Starace alla guida dell’Enel (con Patrizia Grieco alla presidenza) e da Del Fante (con Catia Bastioli alla presidenza) alla testa di Terna. Le presidenze rosa nei grandi gruppi pubblici sono state una felice intuizione e una significativa novità del governo Renzi che hanno buone probabilità divenire riconfermate in toto, anche se qualche critica hanno raccolto Emma Marcegaglia all’Eni e Luisa Todini alle Poste Italiane.
Verso la conferma sembra andare anche il vertice dell’Enav che ha come ad Roberta Neri, l’unica donna con compiti gestionali che ha appena gestito la quotazione della società, e in Ferdinando Franco Beccalli Falco il suo presidente. Con molto certezze e qualche non irrilevante incognita, questo è il più aggiornato stato dell’arte delle grandi nomine pubbliche a pochi giorni dal loro decollo, ma quando c’è la politica di mezzo non si può mai dire mai. Specialmente in tempi turbinosi come questi.