Un’anatra zoppa. Questa è, né più né meno, l’Istat dal 30 agosto, vale a dire da oggi.
Scaduta lo scorso 15 luglio la presidenza di Giorgio Alleva, chiamato alla guida dell’Istituto Nazionale di Statistica nella stessa data di quattro anni fa, si sono esauriti anche i 45 giorni di tempo che la legge (la n.444 del 1994) concede per il cambio di poltrona.
Di un successore ad oggi, nemmeno l’ombra. Fatto grave se si tiene conto che proprio per questo motivo, da un mese e mezzo a questa parte il principale ente di ricerca pubblico del Paese si è dovuto limitare agli “atti di ordinaria amministrazione, nonché gli atti urgenti e indifferibili con indicazione specifica dei motivi di urgenza e indifferibilità”, così come prevede la normativa (art. 3 della legge sopra citata). Non solo, da oggi l’Istat non può più fare nemmeno quello perché la decadenza di Alleva è ormai definitiva e, finita anche la proroga, dal 30 agosto il presidente non ha potere di firma perché non è nemmeno più il legale rappresentante dell’ente.
Proprio alla vigilia della definizione della manovra di Bilancio del Governo, l’Istituto si trova dunque con le mani legate, impossibilitato a svolgere pienamente il suo ruolo, in attesa che il Governo si decida a scegliere un nuovo presidente, anche se ovviamente le Direzioni interne all’Istat mandano avanti l’attività di ordinaria amministrazione.
L’onere di presentare una proposta formale per la poltrona di numero uno dell’ente di ricerca è in capo al ministro della Pubblica Amministrazione, Giulia Bongiorno, che lo scorso 27 luglio (e dunque già con un ritardo di 12 giorni rispetto alla scadenza del mandato di Alleva) ha indetto una call pubblica tra esperti e tecnici allo scopo di trovare una figura idonea dopo che l’ipotesi inizialmente indicata, quella di nominare l’attuale vice-direttore del dipartimento statistica e metodi quantitativi dell’Università Bicocca di Milano, Gian Carlo Blangiardo, è venuta meno. Com’è andata? Il termine per presentare le manifestazioni di interesse è finito il 16 agosto e da allora tutto tace.
La vacatio è servita e potrebbe durare ancora per parecchio tempo. La nomina del presidente dell’Istat richiede infatti diversi passaggi formali e potrebbero essere necessarie settimane (se non mesi) prima che il successore di Alleva possa prendere in mano la guida dell’Istituto. Una volta che il Governo avrà fatto la sua scelta – che dovrà essere formalizzata in Consiglio dei Ministri – la nomina dovrà passare anche per il Parlamento, dove dovrà essere votata da una maggioranza qualificata espressa dalle commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato. Poi toccherà al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, firmare il decreto che renderà esecutivo l’incarico. Nel frattempo l’Istituto potrebbe rimanere nelle mani di un commissario nominato dal Presidente del Consiglio, cui spetterà il compito di tirare avanti la baracca fino all’approdo dei nuovi vertici. Secondo un’indiscrezione pubblicata dal Corriere della Sera, l’Esecutivo potrebbe optare anche per una soluzione-ponte: affidare provvisoriamente le funzioni del presidente al consigliere anziano dell’Istat, Maurizio Franzini, docente all’Università La Sapienza di Roma.
In questo percorso, c’è anche un altro aspetto, per nulla secondario, da tenere in considerazione. Come detto l’iter è piuttosto lungo e, calendario alla mano, potrebbe intrecciarsi con gli importanti appuntamenti che nei prossimi mesi attendono l’Italia. Qualche esempio? Il prossimo 21 settembre dovrà essere presentata la revisione del Pil 2017 sulla quale il Governo dovrà improntare la nota di aggiornamento del Def. Poi sarà il momento della tanto attesa legge di Bilancio con la quale si scoprirà se l’Esecutivo Lega-M5s manterrà oppure no le costosissime promesse contenute nel contratto di Governo (reddito di cittadinanza e flat tax sono solo i due esempi più eclatanti).
Sulla manovra di bilancio il presidente dell’Istat è formalmente chiamato a esprimere il proprio giudizio in audizione davanti al Parlamento. Il problema è che, per quella data, un presidente rischia di non esserci. Colpa del dilettantismo del nuovo Governo o paura dei numeri? Il dubbio resta.
(Ultimo aggiornamento: ore 10:11 del 30 agosto).