Due Ministri – Luigi Di Maio e Roberto Cingolani – sceglieranno l’inviato speciale italiano per il clima. La norma è operativa e pubblicata da ieri in Gazzetta Ufficiale. In queste ore la fiducia nelle capacità del Ministro della transizione ecologica supera di molto quella sul suo collega degli Esteri . Non foss’altro perché le questioni da affrontare richiedono esperienza, conoscenze, credibilità scientifiche maturate nell’ambito più di Cingolani che di altri. Spesso ,del resto, le nomine arrivate dal mondo dei Cinquestelle nei due Governi Conte non hanno rispecchiato queste caratteristiche. L’impegno dell’esecutivo Draghi nel suo insieme sul clima, comunque, è totale per cui il prescelto dovrà essere ben accettato dal premier che su molte nomine precedenti si è fatto valere. Questa è un’altra occasione d’oro.
Poi ci sono almeno due ragioni molto attuali per puntare su un nome di qualità. La prima che il Recovery Plan, approvato dall’Ue, nei prossimi mesi destinerà alla lotta climatica molte risorse dei 69 milioni di euro previsti nel Piano. La seconda perché il 22 e 23 luglio si svolgerà a Napoli il G20 sul clima in preparazione della conferenza di Glasgow dell’autunno. Il ruolo dell’Italia sarà centrale e molto osservato dai Paesi che non esprimono ancora un approccio sistemico con i cambiamenti climatici.
La nomina italiana come richiamo globale era stata preannunciata durante la recentissima visita a Roma dell’inviato Usa per clima John Kerry. La decisione prevede “una più efficace partecipazione italiana agli eventi e ai negoziati internazionali sui temi ambientali, ivi inclusi quelli sul cambiamento climatico” allo scopo di rappresentare nei consessi internazionali le strategie e le azioni più idonee. Si sa che i vertici internazionali difficilmente si concludono con accordi unanimi . Ma soprattutto dopo la pandemia il mondo attende il summit di Glasgow per capire in che direzione si va con pesi e contrappesi geopolitici. Nessun Paese ha gioco facile in una fase di ripresa economica e con costi sociali da sostenere.
L’inviato italiano formalmente farà capo ai due Ministeri Esteri e Transizione , ma è fuori di dubbio che per essere alla fine il portavoce ufficiale del Paese che in Europa investe di più nel passaggio ad un modello di economia sostenibile , rappresenterà la volontà di tutto il governo. In altre parole la garanzia che cio’ che dirà, lo dirà a nome dello Stato italiano e non di ambigui “agitprop”.
Il tema della quantità di energie rinnovabili in Italia , per esempio, non lascia tranquillo Cingolani. “In questo momento – ha dichiarato a Der Spiegel – come la Germania, generiamo circa il 30% della nostra elettricità da fonti rinnovabili. Ma se vogliamo arrivare al 72% entro il 2030, dobbiamo installare 8 gigawatt di capacità energetica verde ogni anno”. Il fatto è che quando Il Ministro si è confrontato con le compagnie elettriche ha appreso che se ne installano 0,8 gigawatt all’anno. Stupore e buona volontà, certo. Ma non è un buon trend per negoziare su scala mondiale . Una cosa che sicuramente accompagnerà le missioni del nostro prossimo inviato a salvare il clima.