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Nizza un mese dopo, Ferragosto non è più come prima

Dall’alto della collina del Castello Nizza appare la Nizza di sempre. Con i suoi colori, solare, calda ma mai afosa, la Baie des Anges si offre intatta nel suo luminoso splendore, incorniciata – un semicerchio di 5 chilometri – dalla Promenade des Anglais. Da sempre la Prom è molto di più di una strada o di un boulevard, è il palcoscenico della città, brulicante e sonoro, dove tutti diventano protagonisti. Chi passeggia, chi chiacchiera, chi fa jogging o bici, chi draga, chi fa ginnastica, chi vestito e chi meno pronto a stendersi al sole sulla spiaggia di galet o tuffarsi nel mare, perché Nizza è anche questo, uno dei pochi luoghi al mondo in cui nuotare nel centro della città non è ridicolo. C’è il porto ma è stata brava a nasconderlo. C’è l’aeroporto, il più trafficato di Francia dopo quelli parigini, con il rombo degli gli aerei che atterrano e decollano sfiorando il litorale come parte integrante dei rumori della Promenade, e l’ha costruito tanto vicino ai suoi celebri alberghi da poterci arrivare a piedi, senza quasi dar nell’occhio.  

Ma ci vuole poco, scendendo tra le vie che portano al mare, per capire che quest’anno sarà un Ferragosto diverso, segnato da una tragedia troppo grande. Nizza è cambiata dentro anche se  fuori  si sta sforzando  di essere sempre la stessa, alla ricerca di quella joie de vivre perduta, l’asset più accattivante non solo di Nizza ma di tutta la Costa azzurra  che la follia del terrore ha spazzato via in una giornata di festa nel buio della sera, appena spenti i fuochi d’artificio. Un mese fa la città dopo una notte infernale di sangue fu immersa in un silenzio che metteva angoscia, sconosciuto nella sua storia. Le spiagge chiuse e deserte, le bandiere a mezz’asta, la Prom senza l’ombra di un auto. Solo ambulanze e vetture della gendarmerie. “Le carnage”, titolava Nice-Matin. Da allora è difficile che ci sia giorno in cui, come un incubo, non ritorni alla mente  quel l’enorme camion bianco che doveva portare gelati e che invece zig-zagando ha seminato la morte per quasi due chilometri. Scene d’orrore troppo fresche per essere anche fisicamente cancellate. Sulla Promenade il Théatre de Verdure è diventato il teatro del dolore collettivo: una distesa di mazzi di fiori, ceri, struggenti biglietti carichi di affetti, tanti peluche e giocattoli sono lì a ricordare i grandi e i bimbi che non ci sono più. Un po’ più in là, sul marciapiede rosso, la pietà di un artista di strada ha dipinto di bianco e di azzurro un gigantesco “Pour nos Anges”. E l’ultimo doloroso disincanto è arrivato qualche giorno fa con l’arresto di Gwenael Leriche, il fattorino decorato con medaglia al valor civile per aver rischiato la vita essendosi lanciato contro l’attentatore in quella maledetta sera del 14 luglio: è stato arrestato per aver tentato di accoltellare l’ex compagna.

Un mese è trascorso dalla carneficina di Mohamed Lahouaiej Bouhlel e ancora negli ospedali cittadini, dal Pasteur al Lenval, quello dei bambini, c’è chi lotta per sopravvivere. Altri sono fuori pericolo ma porteranno per sempre i segni di una mostruosità. Inevitabilmente è un’estate in cui sono saltati non pochi spettacoli e appuntamenti musicali, sempre affollata ma meno rumorosa delle altre, marcata da feroci polemiche sulle lacune in tema di sicurezza nella fatale serata della Presa della Bastiglia. Un’estate in cui a livello politico e istituzionale si impone ineludibile la riflessione sulla complessità di una città che ha messo in vetrina le luci della Promenade e dei quartieri più ricchi trascurando colpevolmente di risolvere i problemi sociali dell’integrazione in agglomerati difficili come l’Ariane e Saint-Roch, in poco tempo divenuti covi non solo di malessere ma anche di jihadisti e foreign fighters. Una minaccia invisibile annidata nei palazzoni anonimi nati lungo il Paillon, all’ingresso dell’autostrada di Nizza-Est, una rete terroristica che ha pescato, affiliandoli, adepti nella microcriminalità da decenni attiva nella zona. Cartelli invitano da sempre gli automobilisti a chiudere portiere e finestrini per difendersi da furti e molestie. Nessuno si è però accorto che nel quartiere si stesse passando dagli scippi a progettare un orrendo attentato. Ora che la strage è avvenuta l’allerta ovviamente è salita di grado anche se nessuno vuole cedere al terrore. Ma diventa difficile, ovunque ci si trovi sulla Costa azzurra, a non pensare a quel che è accaduto. A due passi da Nizza c’è la splendida baia di Villefranche dove il mare entra morbido e invitante. Turisti a iosa nei locali a bordo del porticciolo, tanti bikini (e anche meno) sdraiati al sole, l’ideale mix tra champagne e creme solari per un’estate che sembra perfetta se all’ingresso della strada che bordeggia la spiaggia non ci fosse un pannello digitale, del tutto inedito, che avverte: “Alerte attentat, soyez vigilants”.

Quest’invito a trasformarci tutti in tanti improvvisati Poirot in slip fa sorridere. Poi il ricordo va a Sousse dove l’attacco jihadista venne dal mare e per un attimo si ripiomba nell’inquietudine per un terrore che colpisce alla cieca. Una minaccia che a Cannes ha indotto il sindaco a predisporre da qualche giorno sulla Croisette, all’inizio della zona pedonale, la posa di possenti fioriere di cemento, quelle che se ci fossero state sulla Promenade avrebbero potuto limitare la strage di Nizza. Un’azione di prevenzione per tranquillizzare un po’ la gente ma anche un ulteriore segnale che viviamo tempi difficili. Tanto difficili che qualcuno ha finito per vedervi quasi una profezia sinistra in una tela di Henri Matisse, “La tempète de Nice” in cui l’artista della Nizza felice, piena di luce e di colori, volle dipingere per una volta una Promenade diversa, livida e spopolata, le palme sconvolte dal vento,  tra un cielo nero e ondate minacciose.

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