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Nikola, la “Tesla dei camion” va in bancarotta: crolla un’altra startup elettrica: titolo in picchiata

FIRSTonline

Ennesima vittima nel settore dei veicoli elettrici. Nikola Corporation, la startup americana specializzata in camion elettrici e a idrogeno, ha ufficialmente presentato presso la Corte fallimentare degli Stati Uniti per il distretto del Delaware istanza di protezione fallimentare ai sensi del Chapter 11, articolo della legge fallimentare statunitense diventato famoso con la crisi della Chrysler e della General Motors nel 2009. La notizia giunge dopo settimane di speculazioni sullo stato finanziario dell’azienda, durante le quali il titolo aveva subito un crollo vertiginoso al Nasdaq.

Nikola, in una nota, ha dichiarato di avere in cassa circa 47 milioni di dollari e di voler continuare a fornire un servizio e un supporto “limitati” per i camion in circolazione, avviando un processo di vendita dei suoi asset per massimizzarne il valore residuo. La dichiarazione di fallimento ha elencato passività comprese tra 1 e 10 miliardi di dollari e ha fissato il numero di creditori tra 1.000 e 5.000.

Dopo l’annuncio il titolo è in caduta libera sul Nasdaq: -36% a 0,49 dollari.

Nikola: dalla promessa di rivoluzione all’inesorabile declino

Fondata nel 2015 con l’ambizione di diventare la “Tesla dei camion”, Nikola aveva anche stretto un’importante partnership con Iveco per la produzione di veicoli commerciali pesanti a zero emissioni. Ma già dopo quattro anni, nel 2023, la joint venture era stata sciolta consensualmente, segno delle difficoltà operative che l’azienda stava affrontando in Europa e Nord America.

Nikola, con sede a Phoenix, in Arizona, è stata quotata in borsa nel giugno 2020 e ha consegnato il primo veicolo nel dicembre dell’anno successivo. Nonostante gli investimenti iniziali e le promesse, l’azienda non è mai riuscita a consolidare una posizione stabile nel mercato.

La crisi finanziaria e il fallimento del piano di rilancio

“Come altre aziende nel settore dei veicoli elettrici, abbiamo dovuto affrontare vari fattori di mercato e macroeconomici che hanno avuto un impatto sulla nostra capacità di operare. Negli ultimi mesi, abbiamo intrapreso numerose azioni per raccogliere capitale, ridurre le nostre passività, ripulire il nostro bilancio e preservare la liquidità per sostenere le nostre operazioni. Sfortunatamente, i nostri sforzi non sono stati sufficienti per superare queste sfide significative e il Consiglio ha stabilito che il Capitolo 11 rappresenta il miglior percorso possibile in base alle circostanze per la Società e i suoi azionisti”, ha dichiarato il ceo e presidente, Steve Girsky.

Il fallimento di Nikola è il risultato di anni di difficoltà economiche, aggravate da una gestione controversa. La società ha tentato senza successo di raccogliere nuovi capitali e ridurre le passività, trovandosi in un contesto di mercato particolarmente difficile per le startup del settore.

Il sogno infranto: dalla bolla di Wall Street agli scandali

Nel 2020, al suo apice, Nikola aveva raggiunto una capitalizzazione di mercato di oltre 30 miliardi di dollari, superando persino colossi come Ford. Oggi il market cap è di soli 40 milioni.  Anche General Motors aveva scommesso sull’azienda con un accordo multimiliardario che avrebbe dovuto portare alla produzione del pick-up elettrico Badger, ma l’accordo non si concretizzò mai. Parallelamente, il fondatore Trevor Milton è stato travolto da uno scandalo finanziario e condannato per frode, lasciando l’azienda in una crisi di credibilità da cui non si è mai ripresa.

Nikola: un produzione fallimentare e costi insostenibili

Nikola è riuscita a produrre appena 600 camion elettrici dal 2022, molti dei quali sono stati richiamati per difetti tecnici, un dato che evidenzia la difficoltà di competere in un settore dominato da giganti come Tesla e Daimler. La scarsa domanda di camion a idrogeno e la mancanza di infrastrutture per il rifornimento hanno ulteriormente ostacolato la crescita dell’azienda.

Inoltre, il costo di produzione per unità è rimasto elevato, causando perdite per centinaia di migliaia di dollari per ogni veicolo venduto.

Un mercato ostile alle startup EV

Nikola non è la prima startup elettrica a crollare sotto il peso delle difficoltà economiche. Prima di lei, anche Fisker e Canoo hanno dovuto affrontare situazioni critiche. Il mercato dei veicoli elettrici, un tempo promettente, si è rivelato estremamente competitivo e privo del supporto infrastrutturale necessario per una crescita sostenibile. Inoltre, il rialzo dei tassi d’interesse ha reso più difficile per aziende emergenti attrarre investimenti e finanziare lo sviluppo di nuove tecnologie.

L’unica eccezione rimane Tesla, che, grazie alla visione di Elon Musk, è riuscita a superare ostacoli simili e consolidarsi come leader indiscussa del settore.

I prossimi passi: vendita degli asset e liquidazione

Secondo i documenti depositati in tribunale, Nikola possiede asset compresi tra 500 milioni e un miliardo di dollari, mentre le passività ammontano tra uno e dieci miliardi di dollari. La compagnia ora intende commercializzare e vendere parte o la totalità dei suoi asset, con l’obiettivo di attuare una liquidazione ordinata delle attività. La fine di un’era per un’azienda che, tra grandi aspettative e altrettante delusioni, ha fallito nel tentativo di rivoluzionare il settore dei trasporti pesanti a emissioni zero.

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