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Niente Tasse, Biden mette le ali ai titoli Tech

Il boom del Nasdaq è un plauso alla vittoria di Joe Biden. Ecco le ragioni che spiegano perché gli investitori hanno tirato un respiro di sollievo e scommettono sui titoli Tech. Google ora vale 27 volte gli utili ma anche Microsoft, Facebook…..

Niente Tasse, Biden mette le ali ai titoli Tech

“Caro presidente, la tua vittoria dimostra che unità, empatia e decenza non appartengono solo al passato”. Firmato Jeff Bezos. Così il numero uno di Amazon ha salutato su Instagram la vittoria di Joe Biden sull’arcinemico di sempre, Donald Trump. Intanto, due ore prima della campanella di Wall Street, i futures sull’indice S&P salgono dell’1,3%, mezzo punto meno di quelli del Nasdaq 100, il paniere più sensibile all’andamento del settore tech. La reazione del mercato, si legge in una nota di State Street, si spiega con il fatto che la presidenza Biden promette meno volatilità e meno colpi di testa della passata amministrazione, soprattutto sul fronte internazionale. “Ma la cosa più importante- si legge – è che non ci saranno le iniziative che i mercati temevano di più: l’aumento delle tasse e regole più severe per il mondo digitale”.   Infatti, come spiega The Wall Street Journal, la corsa verso i big della tecnologia, ha preso consistenza venerdì sera, quando è emerso con chiarezza che non ci sarebbe stata l’”onda blu”, ovvero una netta affermazione dei democratici che avrebbe spinto il Congresso a sostenere con forti stimoli fiscali i settori dell’industria più colpiti dalla possibile recessione come l’auto od il credito. Al contrario, una volta evitato il salasso fiscale, oggi le casse dei gruppi tecnologici, stracolme di cash, rappresentano il vero porto sicuro per i gestori dei fondi azionari. Solo loro promettono di superare senza drammi la recessione più dura dagli anni Trenta che ha quasi raso al suolo l’industria degli alberghi o del turismo o del tempo libero. 

Al contrario, la pandemia si è rivelata un ottimo affare per chi, vedi Microsoft o Apple, trae vantaggio dalla fornitura dell’hardware necessario per il lavoro a distanza. Di qui la corsa a nuovi record dei Big della tecnologia, per giunta favoriti sia dalle ricoperture che dal basso costo del denaro. Google, già nel mirino dell’Antitrust (tardiva vendetta di Donald Trump), vanta ormai un rapporto prezzo/utili pari a poco meno di 27 volte. E valutazioni dello stesso ordine di grandezza valgono per Facebook, Microsoft, Adobe, Qualcomm e così via. Un boom che sembra destinato a durare anche se  Silicon Valley è assai meno popolare tra i progressisti rispetto alla stagione di Obama. Bill Russo, elemento di punta dello staff di Biden, ha pubblicato un post con la foto di Marc Zuckerberg con la scritta: “dopo Trump ora tocca a te”, colpevole di non essersi impegnato contro le fake news. Ma non si respira aria giacobina al quartier generale di Biden. Già si parla semmai  di una legge nazionale sulla privacy e della creazione di un ufficio per la tutela dei consumatori sul modello di quella della California creato a  suo tempo da Kamala Harris, la vicepresidente che è stata uno degli avvocati più in voga a Silicon Valley.

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