Un’ “affaire” degna di House of Cards, la serie (fanta) politica targata Netflix. Già, perché il colosso statunitense dello streaming on line on demand si prepara allo sbarco in Italia, attraverso Telecom, annunciando una rivoluzione che non può lasciare indifferenti i protagonisti della scena televisiva italiana.
La trattativa Telecom-Netflix
Ma andiamo con ordine. È notizia di pochi giorni fa, infatti, la trattativa in corso tra Telecom Italia e Netflix. Ad annunciarlo è stato l’ad della compagnia di telecomunicazioni Marco Patuano, specificando che il progetto (se tutto andrà bene, avrà il suo culmine tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016) non mette in discussione la partnership già definita da Telecom con Sky, che prevede per aprile lo sbarco sul mercato del primo servizio di streaming di grossa portata.
Il problema principale, per quanto riguarda Netflix, che ormai può contare su oltre 57 milioni di abbonati sparsi in 50 differenti Paesi, 50 mila titoli in catalogo e un costo dell’abbonamento al di sotto dei 10 euro al mese, è quello della velocità delle nostre connessioni, o meglio della loro lentezza. Un problema a cui Telecom sta cercando di ovviare con i massicci stanziamenti per l’ampliamento della diffusione della fibra ottica.
Una tv su misura
Una rivoluzione annunciata, come detto. Il passaggio a un nuovo modello di offerta e di fruizione dei contenuti televisivi, e un possibile cambio culturale dello spettatore stesso, non più protagonista passivo di un palinsesto che (bello o brutto che sia) viene semplicemente subito, ma protagonista attivo che determina, con le sue scelte, la propria programmazione.
L’on demand, in poche parole. Quello con cui Telecom Italia si propone di dominare il mercato della Pay Tv online e di pensionare la televisione come l’abbiamo sempre conosciuta.
Rai Way e Mediaset
Ma allora dov’è l’intrigo? L’intrigo è nel legame tra questa vicenda, lo sbarco di Netflix che sempre più si avvicina, e un’altra vicenda, dal sapore molto più italiano, che è quella che vede Mediaset, attraverso la sua controllata Ei Towers, avanzare un’offerta pubblica di acquisto su Rai Way.
Un’offerta che ha scatenato uno sterminato ventaglio di reazioni, e che ha aperto a una valanga di illazioni su più fronti (prima di tutto quello politico, ma nel mirino, preventivamente, sono finiti anche gli organi di vigilanza), ma che pone le sue radici in una necessità esistente, ovvero quella di creare un grande operatore nazionale unico nel campo delle infrastrutture destinate all’ospitalità degli apparati televisivi e radiofonici, in grado di svolgere un ruolo rilevante anche nel settore delle telecomunicazioni.
Un operatore unico, che nei piani di Ei Towers, dovrebbe riportare l’Italia a livello dei grandi Paesi europei, nei quali le infrastrutture vengono gestite a livello nazionale da un unico operatore.
Un unico campione nazionale abbastanza forte da lottare ad armi pari nella giungla della concorrenza globale e capace, dunque, di affrontare anche colossi come Netflix.