La maggioranza archivia senza strappi il caso Cancellieri-Ligresti. Ieri il ministro della Giustizia ha riferito davanti alle Camere per difendersi dall’accusa di aver abusato del proprio potere sollecitando la scarcerazione di Giulia Ligresti, figlia del patron Salvatore. E, a quanto pare, il Guardasigilli ha convinto tutti. O quasi.
“Abbiamo ascoltato il ministro – ha detto Guglielmo Epifani, segretario Pd –. Stando all’esposizione dei fatti e agli atti abbiamo confermato la fiducia: non ci sono stati interventi fuori dalla sua responsabilità. Non abbiamo nascosto, sia nell’intervento di Zanda sia di Speranza, che quel passaggio telefonico aveva dei problemi e lo stesso ministro ha riconosciuto che le frasi potevano essere equivocate. Abbiamo tenuto una posizione seria”.
Quella del Pd era la posizione più problematica, perché all’interno del partito alcune voci (dai renziani a Pippo Civati) sostenevano che il ministro avrebbe dovuto presentare le dimissioni. Ma più delle correnti, alla fine, ha pesato il pieno appoggio garantito al ministro dal premier Enrico Letta.
Ben più compatta (e fin dall’inizio) la posizione garantista del Pdl, che ha più volte suggerito un parallelismo – peraltro esplicitamente rifiutato dalla Cancellieri – fra la telefonata della Guardasigilli in favore di Giulia Ligresti e quella a suo tempo effettuata da Silvio Berlusconi per Ruby. Significativo il titolo di Libero in edicola questa mattina: “Lei non cade, lui decade”.
Il ministro incassa anche la fiducia di Scelta civica, mentre contro di lei si schierano ancora i principali partiti d’opposizione: Movimento 5 Stelle, Sel e Lega. Le due mozioni di sfiducia presentate dai grillini continuano il proprio iter e saranno votate non appena Cancellieri tornerà a Roma da Milano, dove si trova oggi per un’operazione al braccio.