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Nearshoring, grande opportunità per il Messico e per l’America Latina 

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Quanto fa bene trovarsi vicino agli Stati Uniti e beneficiare del cosiddetto nearshoring, ovvero della nuova tendenza del governo americano a prediligere gli affari con Paesi confinanti? Molto, e ne sa qualcosa il Messico, che quest’anno dopo 20 anni è tornato ad essere il primo partner commerciale degli Stati Uniti, scavalcando la Cina che nei primi sei mesi di quest’anno ha registrato un -25% di export verso l’America. Il Paese centroamericano sta beneficiando delle tensioni geopolitiche e della preferenza degli Usa per il “chilometro zero” al punto che il suo Pil quest’anno crescerà del 3,5%, ben 1,2 punti in più del previsto.

Record di investimenti esteri in Messico

Anche se gli analisti di Bloomberg avvertono che la violenza delle gang, oltre agli ostacoli nella fornitura di acqua ed energia, potrebbero frenare questa tendenza, molte imprese locali e straniere stanno già cercando di trarre vantaggio dai cambiamenti nelle catene di produzione, alcune delle quali sono ormai più che avviate in questa direzione. In particolare, stanno traendo vantaggio dalla ri-localizzazione del business yankee le imprese messicane legate al settore immobiliare e all’edilizia, soprattutto nelle zone industriali vicino al confine degli Stati Uniti. Ma non solo: nei primi sei mesi del 2023 il Messico ha raccolto circa 29 miliardi di dollari in investimenti diretti esteri, in crescita del 5,6% rispetto al 2022. Più della metà era nel settore industriale e gli investimenti fissi lordi messicani sono sulla buona strada per registrare la crescita annuale più forte dal 1997, balzando del 31,5% su base annua in termini destagionalizzati ad agosto, secondo gli ultimi dati. 

Il Messico quanto saprà sfruttare lo slancio del nearshoring?

Al banchetto hanno iniziato a partecipare pure colossi di un certo peso, come la californiana Tesla che ha investito 5 miliardi di dollari in una fabbrica proprio al nord del Messico, portandosi dietro un indotto che ha visto un altro miliardo di investimenti da parte di aziende cinesi. “Il nearshoring è destinato a decollare, ma ci vorrà tempo”, spiega intervistato proprio da Bloomberg Gerardo Copca, analista della società di consulenza MetAnalisis. Il fondo messicano di investimenti immobiliari Fibra Uno prevede che l’onda del nearshoring in Messico continuerà per i prossimi 15 anni, secondo quanto ha dichiarato il ceo Andre El-Mann. Oltre all’immobiliare, la domanda si sta rivelando particolarmente forte nel settore automobilistico, nell’industria elettronica, tra i produttori di macchinari, ma anche nel tessile, nel farmaceutico e nelle rinnovabili.

Il nearshoring traina il Messico e tutta l’America Latina

Se è vero che il Messico (oltre che il Canada, altro beneficiario dell’accordo di libero commercio con Washington) è il Paese che ne trae più vantaggi, è altresì vero che l’effetto del nearshoring è destinato a riverberarsi su tutta l’America Latina. L’80% delle esportazioni messicane va in direzione Usa, ma secondo le stime del Banco Intermericano de Desenvolvimento (BID) il nuovo schema commerciale farà aumentare l’export dell’intera area Latam e Caraibi verso il Nordamerica a quasi 80 miliardi di dollari l’anno. Dopo il Paese di Lopez Obrador, a festeggiare di più sono i vicini Guatemala e El Salvador, poi viene il Brasile che esporterà per 8 miliardi l’anno, davanti all’Argentina e alla Colombia. L’operazione porta all’intero continente vantaggi economici e logistici, e dal punto di vista degli Usa significa anche ribadire la propria influenza in un’area dove ci sono ancora Paesi ostili come Cuba e Venezuela, e dove stanno intensificando la propria presenza Cina e Iran, oltre alla Russia.

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