E’ iniziata con una sorpresa la Finale della Western Conference, gli Oklahoma City Thunder sorprendono 102-108 i Golden State Warriors alla Oracle Arena, infliggendo ai campioni in carica il terzo ko casalingo in stagione, ma soprattutto portandosi avanti 1-0 nella serie e ribaltando il fattore campo. Non si ferma più Oklahoma e, sulla scia degli ultimi tre successi consecutivi contro San Antonio (valsi il 4-2 finale e l’eliminazione degli Spurs), compie l’impresa che rende queste finali ad ovest ancora più appassionanti e spettacolari, azzerando i favori del pronostico verso i Warriors e dando ragione a quelli che prevedevano una serie nettamente più equilibrata rispetto a ciò che si è visto durante la regular season.
E dire che all’intervallo, con i padroni di casa avanti di 13 (60-47), si poteva già pensare all’ennesima vittoria schiacciante dei dominatori della stagione regolare, con da una parte Thompson già a quota 19 punti e dall’altra Westbrook, finora in questi playoff il vero trascinatore dei suoi anche più di Durant, fermo stranamente a 3. Al rientro dagli spogliatoi, però, la musica cambia (nonostante all’inizio si arrivi al massimo vantaggio a +14), il numero 0 in maglia blu ne mette a referto 19 nel solo terzo quarto (alla fine saranno 27, top scorer della serata), la fisicità e i centimetri dei Thunder fanno la differenza a rimbalzo, Thompson si ferma e Golden State gestisce male qualche palla di troppo. Il risultato è che gli ospiti nel terzo periodo segnano 38 punti e si presentano agli ultimi dieci minuti a ridosso dei Warriors, avanti solo di tre lunghezze, dopo che la formazione della baia aveva tentato un nuovo allungo.
Nell’ultimo quarto Oklahoma è più cattiva atleticamente, Westbrook è ovunque, arrivano punti importanti dalla panchina con Kanter e Waiters e nei possessi finali sale in cattedra Kevin Durant (26 punti), con il numero 35 che mette i canestri decisivi per ammutolire del tutto i tifosi di Oakland e far capire che i Thunder questa volta sono pronti al passo decisivo, stufi di essere definiti i grandi incompiuti di questi ultimi anni. E tra i fattori che fanno pensare che qualcosa sia davvero cambiato c’è anche la faccia cattiva e l’agonismo contagioso di Steven Adams, il centro neozelandese al terzo anno Nba e con un look tutto suo, che in questa stagione ha fatto progressi enormi. Solo 22 anni, ma sotto il canestro non ha paura di battagliare con nessuno, già determinante nella vittoriosa serie contro San Antonio, anche ieri notte è stato decisivo mettendo a referto 16 punti, oltre la solita quantità di rimbalzi.
Nella serata favorevole ai Thunder, da segnalare anche l’ennesimo erroraccio arbitrale di questi playoff (e sempre nei possessi finali): sul +3 per gli ospiti con pochi secondi da giocare, Westbrook ha commesso un’infrazione di passi evidente (tema sempre molto flessibile oltreoceano, specie quando si tratta di superstar) ignorata dagli arbitri. Mille volte meglio il modo di trattare questi episodi come fanno nello sport americano, semplicemente finita la partita non li trattano, si accetta la decisione e ce li si dimentica (o quasi), rispetto a ore e ore di moviole (e polemiche) come succede per esmpio quando si parla di calcio dalle nostre parti, certo è che anche quelli che succedono da loro (e spesso in Nba gli arbitri prendono decisioni difficili da comprendere) sono episodi che possono cambiare il corso di azioni, partite e, magari, vittorie.
Tra le fila di Golden State, detto di Thompson che ha chiuso con 25 punti, uno in più di un solido Draymond Green, il fresco due volte Mvp Steph Curry, ormai pienamente ristabilito dal problema alla caviglia, ne ha messi 26, con 6 triple, alcune come sempre assurde (ma su 14 tentativi) e ha regalato le solite magie senza senso, questa volta ha però anche affrettato qualche giocata e preso un paio di decisioni sbagliate, soprattutto nel secondo tempo, nei momenti decisivi della gara. Adesso si pensa già a gara-2, in programma nella notte italiana tra mercoledì e giovedì sempre sulla baia, da aspettarsi la reazione furente di Curry e compagni, con i Warriors che restano ancora favoriti, ma che devono assolutamente far loro il secondo round per non compromettere una stagione storica durante la quale era andato tutto come volevano fino a poche ore fa (con qualche campanello d’allarme nella serie precedente con Portland), dall’altra parte Durant e Westbrook proveranno ad azzannare definitivamente i rivali, feriti dopo questa sorprendente prima partita.
Spostandoci ad est, questa notte inizia anche l’altra finale di conference, quella tra la regina indiscussa Cleveland e Toronto, arrivata per la prima volta nella storia della franchigia a questo risultato, dopo aver chiuso solo domenica scorsa sul 4-3 una tiratissima serie contro Miami, che quindi non è riuscita nell’intento di arrivare a sfidare il suo ex re in maglia 23.. Tutto quindi secondo le previsioni, con la prima e la seconda forza della stagione regolare a giocarsi l’accesso alla finalissima, ma differenza dell’altra serie, qui dovremmo avere molto meno equilibrio e una chiara favorita, ovviamente Cleveland. I Cavaliers arrivano a questo punto con soli otto incontri disputati in questi playoff, avendo spazzato via con un doppio 4-0 avversari insidiosi (e che forse meritavano qualcosa in più) come Detroit e Atlanta, trascinati dai loro big three James, Irving e Love, ma con l’apporto anche delle “seconde linee”, Smith su tutti. I Raptors, dopo aver festeggiato questo storico traguardo, possono giocare sicuramente con meno pressioni di LeBron e compagni, e le loro possibilità di fare un clamoroso sgambetto dipenderanno come sempre dalle giocate del duo DeRozan-Lowry, ma i Cavs in questi playoff, come ci si attendeva, hanno alzato e di molto le loro prestazioni, dopo una stagione regolare non del tutto convincente (se si può definire così una prima posizione in classifica).
Si comincia in Ohio, con Cleveland che ovviamente ha il fattore campo dalla sua e vuole procedere senza intoppi verso l’atto finale, guardando con interesse dall’altra parte e attendendo uno tra Curry e Durant.