A meno di un mese dalla chiusura della stagione regolare, la situazione a Ovest per la corsa ai playoff è a dir poco intricata, con ben sei squadre in lotta per tre posti. Nella bagarre, in questo momento, ad essere nella posizione migliore sono i Golden State Warriors (sesti con un record di 39 vinte e 31 perse), da tanti anni relegati in fondo alla classifica (negli ultime 18 stagioni hanno raggiunto i playoff solo una volta nel 2007), ma che questa volta, trascinati dal gioiellino Stephen Curry, autore di una super stagione da 22,2 di media a partita, e il solito contributo di David Lee, dovrebbero, meritatamente, riuscire a prolungare il loro torneo. Molto importante per la franchigia di Oakland è stato il successo di qualche sera fa sul campo degli Houston Rockets, la formazione subito dietro in classifica, mentre guardando il loro calendario da qua al 17 aprile, il cammino per i Warriors dovrebbe essere abbastanza comodo, con ben 9 partite in casa su 12 e la doppia sfida sia a Portland sia ai Lakers, oltre il confronto con Utah, tutte squadre che inseguono Golden State e hanno ancora speranze di postseason.
Al momento al settimo posto ci sono i Rockets, con un record di 37 vinte e 31 perse e chiuderanno la loro regular season proprio allo Staples Center in casa dei Lakers (ma quel giorno le due squadre, probabilmente, potrebbero aver già raggiunto il loro obiettivo). La squadra di coach Kevin McHale, miglior attacco della Nba (con Oklahoma e Denver)a 106 punti di media a gara, delle ultime 14 gare stagionali ne giocherà 8 in casa al Toyota Center (tra cui sfide facili con Orlando, Phoenix e Sacramento) e se, a parte la prossima abbordabilissima gara in gara con Cleveland, riuscisse a reggere nei successivi quattro complicati impegni (in Texas contro San Antonio, Indiana e i Clippers, con in mezzo la trasferta a Memphis), arriverebbe alle ultime due settimane in relativa tranquillità. Dalla sua ha anche le tre vittorie sulle quattro partite stagionali contro Utah (l’ultima pochi giorni fa) e anche con i Lakers si trova in vantaggio 2-1. Il tallone d’Achille resta la difesa: 103 punti concessi a gara, meglio solo di quella di Sacramento.
Ma, come detto, Houston si basa soprattutto sulla sua forza offensiva, dove emerge la classe di James Harden, 26,3 punti di media a partita, supportato da Jeremy Lin, a volte però troppo discontinuo. Per il “Barba” è stata finora una grande prima stagione in maglia Rockets, fin da subito non ha tradito le attese dimostrando, con il passaggio da sesto uomo della passata stagione nei Thunder a leader di una squadra, ancora di più la sua incredibile efficienza realizzativa e vincendo alcune gare letteralmente da solo. Per lui è arrivata anche la grande soddisfazione, lo scorso 20 febbraio, di vendicarsi sulla sua ex squadra, Oklahoma, battendola al terzo tentativo stagionale da assoluto protagonista, facendo registrare quella sera anche il suo massimo in carriera, con ben 46 punti.
E ai Thunder, che per motivi economici hanno scambiato Harden poco prima dell’inizio del torneo, il “Barba” sta iniziando a mancare non poco, soprattutto quelle volte (poche) che la coppia Durant-Westbrook è meno brillante del solito e avrebbe bisogno di un alternativa in attacco (sebbene Kevin Martin, che ha preso il posto di Harden nelle gerarchie di Scott Brooks, stia dando un ottimo contributo con 14 punti di media a partita). Per i Rockets, quindi, si profila un ritorno ai playoff dopo tre anni di assenza, ma i biancorossi non devono avere cali di concentrazione, perché le altre sono in agguato.