Il summit della Nato che si terrà a Bruxelles il prossimo l’11-12 luglio si preannuncia teso come il recente G7 in Canada. Palcoscenico differente, copione simile. I ruoli saranno gli stessi di quelli assunti a Charlevoix e immortalati dalla ormai famosa foto di Donald Trump contro tutti? Uno dei recenti tweet del Presidente americano alimenta questo scenario: “Gli Stati Uniti contribuiscono quasi per l’interezza del costo della Nato – proteggendo molte delle nazioni che ci spennano sul piano commerciale (contribuiscono solo per una frazione dei costi – e se la ridono!), l’Unione europea ha generato un surplus di 151 miliardi di dollari – dovrebbe pagare molto di più per la protezione militare!”
Il Presidente americano aggiunge così ulteriore carne al fuoco in vista della riunione del Consiglio Atlantico, sommando ai già delicati temi legati alla sicurezza del blocco occidentale, le recenti tensioni commerciali. Ma la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi. L’imminente riunione della Nato è già colma di punti di divergenza e tensioni tra i suoi membri: in gioco c’è la natura stessa dell’Alleanza. I 28 paesi che costituiscono l’organizzazione (22 dei quali fanno parte anche dell’UE) sembrano condividere ancora l’idea di fondo dell’alleanza, ma gli interessi al suo interno sono sempre più in contrasto, e tra questi in molti si pongono più di una domanda: la Nato è un alleanza ormai obsoleta? L’alleanza va riadattata alle nuove esigenze dei nostri tempi?
I principali punti di divergenza tra i membri
Dal 2016, per la prima volta dopo molti anni, le spese dei paesi europei per la Nato hanno ripreso a crescere in risposta al preoccupante aumento di tensioni che lambiscono i suoi confini, orientali come meridionali. La fine della guerra fredda aveva provocato un abbassamento della guardia del vecchio continente, tanto da diminuire le spese militari. Su questo tema la nuova amministrazione a Washington sembra mostrarsi intransigente: o l’Europa contribuisce alle spese o quest’alleanza non può più andare avanti.
Se le questioni riguardanti il budget vedono per lo più contrapporsi i due blocchi USA-UE, sulle priorità strategiche ogni gruppo di paesi, all’interno della stessa Europa, tira acqua al proprio mulino. Gli Stati dell’Est Europa (Baltici e Polonia in particolare), allarmati sempre di più dal comportamento del vicino russo, vogliono mantenere alta l’attenzione su questo fianco. Questi vedono nel puntellamento del fianco sud, attraverso l’operazione Sea Guardian, una distrazione dal vero fronte potenzialmente caldo, quello orientale. Inoltre la creazione e lo sviluppo di una strategia autonoma di difesa europea, fortemente sostenuta da Parigi, si tradurrebbe nella fine della protezione americana, con grande preoccupazione delle cancellerie dell’Europa orientale. Questo lento processo di spostamento delle priorità militari segnala quindi l’inizio dell’abbandono delle logiche della guerra fredda, quint’essenza dell’organizzazione.
Se da un lato i baltici vengono in qualche modo tranquillizzati attraverso il rinforzamento dei quattro battaglioni di stanza nella regione, dall’altro Bruxelles punta più su un approccio prettamente diplomatico con il gigante russo, se non addirittura di dialogo, come cercato da sempre, per esempio, dai governi italiani. Con la speranza di Roma di riaprire perfino la scottante questione delle sanzioni.
La vera sfida della Nato nei prossimi anni, sarà quindi la sua riforma strutturale, volta a ricalibrare le priorità e riadattare l’alleanza alle nuove sfide asimmetriche del XXI secolo (cyber security, terrorismo, l’instabilità di intere aree quali MENA – Middle East and North Africa – e Sahel). Non è difficile immaginare come tale riadattamento sarà politicamente complicato da portare avanti, col rischio di portare ad una resa dei conti all’interno dell’organizzazione.
In vista del vertice
Tuttavia, proprio per evitare un tale scenario ed un nuovo G7 litigioso, il segretario generale Jens Stoltenberg cercherà di focalizzare l’attenzione sui potenziali punti di convergenza con l’azionista di maggioranza a stelle e strisce, con lo scopo di giocare d’anticipo, smorzandone le istanze fin dal principio. I temi su cui punterà sono, infatti, il raggiungimento delle spese al 2%, l’ammodernamento dell’equipaggiamento, il sostegno aun’iniziativa dell’UE per facilitare la “mobilità militare” eliminando le barriere amministrative e migliorando le infrastrutture per aiutare la NATO a rifornire il fronte orientale più velocemente in caso di crisi e l’apertura di una sede in Medio Oriente che coordini le attività antiterrorismo e di training delle truppe locali (irakene e afgane in particolare).
Un programma che difficilmente incontrerà l’entusiasmo dei paesi dell’Europa Occidentale. L’intento del segretario sembra piuttosto quello di riprendere i vecchi schemi dell’Alleanza, evitando di affrontare di petto la questione del sua riforma strutturale, tema più delicato sul quale potrebbe saltare il banco. In un mondo multipolare e globalizzato come quello di oggi, l’alleanza militare più potente al mondo sembra quindi di non potersi permettere di mostrare segni di divisione al suo interno a fronte di nuove potenze emergenti e nuove minacce di natura non-statuale.È naturale dunque porsi la domanda: la Nato è un’alleanza ormai obsoleta o è ancora il cardine della sicurezza occidentale in un mondo multipolare? Recentemente lo stesso presidente americano ha affermato che la Nato non è un’alleanza antiquata, ritrattando le dichiarazioni fatte in campagna elettorale. Una domanda, quella sull’utilità dell’alleanza atlantica nel XXI secolo, che si son posti in tanti, non ultimi i partiti anti-sistema in Italia, i quali, una volta saliti al governo, hanno ribadito la fedeltà assoluta all’alleanza atlantica, in linea con la politica estera italiana degli ultimi 70 anni.
Vedremo se il vertice di Bruxelles ci aiuterà, se non a rispondere a questa complicata domanda, per lo meno a capire in che direzione sta andando l’alleanza e quali sono le intenzioni dei suoi paesi membri.