Come leader dei Paesi europei “frugali” molto rigorosi sulla disciplina fiscale, nelle lunghe nottate di trattativa sul Next Generation Ue post pandemia – era il luglio 2020 – era stato l’osso più duro che il premier italiano del tempo, Giuseppe Conte, si era trovato a fronteggiare. Una vulgata, mai smentita, tramanda che a far capitolare alla fine il premier olandese, Mark Rutte, sia stata una battuta calcistica sulle performance non ottimali della squadra olandese buttata sul tavolo da un romanista sfegatato, l’ambasciatore Piero Benassi, consigliere diplomatico di Conte che allentò immediatamente la tensione e aprì la strada all’accordo.
Non è escluso che nel suo nuovo incarico di segretario generale dell’Alleanza Atlantica assunto ieri a Bruxelles in sostituzione del norvegese, Jens Stoltenberg (che guidava la Nato da dieci anni), Rutte possa in qualche modo prendersi una rivincita facendo pagare all’Italia le sue storiche “inadempienze” per il rispetto del 2% del PIl nazionale destinato alle spese per difesa, obiettivo che da anni, su pressione degli Stati Uniti la Nato si è dato come strategico. L’Italia è tra i 32 membri della Nato tra i pochi (sei o sette) che non rispettano quell’obiettivo ma sicuramente è l’unico tra i grandi Paesi Ue.
Riuscire ad aumentare le spese per la difesa, ha detto ieri nella conferenza stampa di investitura Mark Rutte “è chiaramente è un problema per molti governi, ma è quello che i politici sono chiamati a fare; perchè le nostre risorse siano all’altezza delle nostre necessità c’e’ un significativo bisogno di più investimenti. Lavorerò su questo con i nostri alleati, ognuno dovrà fare la propria parte”. Rutte ha aggiunto di sapere bene che “Giorgia Meloni, il mio successore, Olaf Scholz tutti i leader europei, ma anche in Canada e Usa, tutti sappiamo che è nostro compito tenere i conti in equilibrio, assicurarci di avere una situazione per cui si consegnano alle prossime generazioni finanze sostenibili, ma anche assicurarci che le priorità che devono essere finanziate possano essere finanziate”. Da questo punto di vista Rutte si è detto “felice che ora l’Olanda sia al 2% del Pil nelle spese per la difesa e, ovviamente, l’invasione dell’Ucraina è stata una sveglia per molti, anche per il mio Paese”.
Ci sono molti modi per raggiungere l’obiettivo, ha aggiunto Rutte, “perché ci sono differenze da Paese a Paese” ma nell’Ue “le raccomandazioni specifiche per Paese sono state rese più centrali nel processo. In cambio di riforme, l‘Ue è disponibile ad aiutare con i fondi post Covid. Ma è chiaro: dobbiamo difendere la nostra alleanza, accertandoci che la nostra gente e i nostri valori vengano difesi. Lavorerò con gli alleati perché attuiamo pienamente le nostre decisioni e perché continuiamo a portare l’Ucraina sempre più vicina alla Nato”.
Rutte ha sintetizzato in tre grandi obiettivi le linee guida del suo mandato: rafforzare l’Alleanza, aumentare la partnership e avvicinare sempre più alla Nato l’Ucraina. Secondo un’indiscrezione pubblicata sul Financial Times il presidente americano uscente Joe Biden potrebbe imprimere un’accelerazione allo status di candidato Nato per l’Ucraina prima di lasciare la Casa Bianca. Ma si tratta, per ora, di una notizia non confermata. “Ho viaggiato in Ucraina diverse volte negli ultimi anni – ha spiegato il nuovo segretario generale – e ho visto con i miei occhi la brutalità della guerra di aggressione russa.
Sostenere l’Ucraina è la cosa giusta da fare ed è anche un investimento nella nostra sicurezza, perché un’Ucraina indipendente e democratica è vitale per la pace e la sicurezza in Europa. E il costo di sostenere Kiev è di gran lunga inferiore a quello che dovremo affrontare se permettiamo a Vladimir Putin di prevalere.” Quanto all’utilizzo delle armi occidentali su territorio russo per Rutte l’Ucraina “ha il diritto di difendersi e, in base al diritto internazionale, il diritto all’autodifesa non termina al confine, ma è possibile colpire obiettivi legittimi in territorio nemico”. Tuttavia, ha aggiunto “sta agli alleati decidere” quali armi ciascuno intende fornire a Kiev e con quali limitazioni d’uso, ma deve essere anche chiaro che “nessuna singola arma consentirà di vincere la guerra”.
Mediterraneo e fronte Sud, nelle intenzioni di Rutte, non sembrano rivestire una particolare priorità. L’Italia non aveva accolto affatto bene, due mesi fa, la notizia che come rappresentante speciale del segretario generale Nato per il Mediterraneo era stato nominato lo spagnolo Javier Colomina. Difficile pensare che Rutte lo sostituisca subito anche se un candidato italiano ci sarebbe, ossia il generale Alessio Nardi che aveva collaborato alla stesura del rapporto di esperti sul Mediterraneo.
Di sicuro invece Rutte si troverà ad affrontare la successione del segretario generale aggiunto dopo che il “numero due” della Nato, il rumeno Mircea Geoana il 10 settembre scorso ha lasciato Bruxelles per rientrare rapidamente in patria dove intende candidarsi come nuovo presidente della Repubblica. Al suo posti potrebbe andare il tedesco Boris Ruge direttore degli Affari politici anche se non è escluso che la posizione possa esser ricoperta da un americano. Quanto all’Italia il nuovo presidente del Comitato militare della Nato che effettua le valutazioni operative e riferisce direttamente al Consiglio atlantico sarà dal primo gennaio prossimo l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone già capo di Stato maggiore della Difesa.
Coro di commenti positivi da parte occidentale alla nomina di Rutte dal presidente americano Joe Biden alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen allo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky . Per il Cremlino, invece, “con Mark Rutte alla guida della Nato non cambierà nulla”. “Ci aspettiamo che la Nato rimanga ferma nelle sue politiche”, ha detto il portavoce della presidenza russa Dmitry Peskov ai giornalisti, ricordando che Vladimir Putin conosce bene Rutte, con cui ha trascorso ”ore” al tavolo dei negoziati cercando di costruire un rapporto “buono e pragmatico, ma poi le cose sono cambiate”.