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Napolitano: c’è la questione sociale

In un momento nel quale vanno di moda le “agende”, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel suo ultimo messaggio di Capodanno agli italiani, ha messo al centro di quella che dovrà essere, dopo il responso delle elezioni, l’azione pubblica, “la questione sociale”. Perché le opportune politiche di risanamento che hanno ridato credibilità al Paese, ridotto lo spread, e che rendono possibile l’uscita dalla crisi, sono state pagate soprattutto dalle categorie sociali più deboli. Dai meno abbienti. E così oggi in un Paese, sempre più segnato da diseguaglianze tra le fasce di reddito, le cifre della disoccupazione sono qualcosa di più che preoccupanti e colpiscono soprattutto i giovani e il Mezzogiorno, del quale, ha lamentato Napolitano, si parla sempre meno.

Ed è in particolare ai giovani che si è rivolto il capo dello Stato  ritenendo giusta la loro indignazione, ma auspicando anche che proprio loro trovino un’adeguata forza per reagire “con il coraggio della speranza, della volontà e dell’impegno”. Al tempo stesso Napolitano rifiuta la vecchia logica dei due tempi, allorché chiede a chi ha e avrà responsabilità politiche, di “offrire ai giovani “opportunità pubbliche di istruzione e di formazione, da subito, senza aspettare la crescita dei prossimi anni”.

Questo perché (ed il riferimento è all’Europa nel suo complesso) “nelle economie avanzate le diseguaglianze sociali sono un ostacolo alla crescita”. E qui viene ribadita un’altra convinzione più volte manifestata e sottolineata nel corso di questi anni difficili da parte del presidente della Repubblica: dalla recessione si può uscire solo insieme all’Europa, nella quale un Paese che ha la storia dell’Italia non ha e non avrà certo un ruolo di “passivo esecutore”.

Forte anche il richiamo ai diritti civili, a cominciare da quelli delle donne e degli immigrati, con il pressante auspicio perché chi nasce in Italia possa essere considerato a tutti gli effetti italiano. Altrettanto chiaro il richiamo alla drammatica situazione delle carceri italiane, non nascondendo il suo forte rammarico per il fatto che il Parlamento, negli ultimi giorni, non sia riuscito a portare a buon fine neanche i provvedimenti per le pene alternative.

Napolitano ha poi spiegato che non avrebbe dato giudizi “di parte” alla vigilia di quella che è una campagna elettorale ormai già cominciata, ma ha invitato tutti protagonisti del confronto politico a tenere toni e comportamenti, consoni alle tradizioni democratiche della Repubblica. Al tempo stesso ha espresso il suo profondo rammarico per la mancata riforma elettorale. E soprattutto non ha taciuto di dire qualcosa rispetto al  nuovo ruolo dell’attuale presidente del Consiglio Mario Monti, dopo la sua decisione di “salire in politica”.

Da senatore a vita il presidente del Consiglio non avrebbe potuto candidarsi (e non lo ha fatto) per essere eletto in Parlamento. Al tempo stesso però nulla vietava che desse inizio e impulso a nuove formazioni politiche. Tutto quindi nella correttezza istituzionale. Anche se già in altre occasioni era stato fatto notare che dal Quirinale non possono arrivare “né veti né viatici”. Ora però, ha fatto capire il presidente della Repubblica, la parola è agli elettori, ed è sulla base del loro giudizio che si arriverà alla formazione di un nuovo governo, ricordando che il nostro ordinamento non prevede l’elezione diretta del capo del Governo. Toccherà insomma ancora una volta a Napolitano, sulla base del risultato elettorale e del suo scrupolo costituzionale, avviare con l’incarico per la formazione del nuovo Governo il lavoro della prossima Legislatura.

In tempi di facili cadute da parte di molti in approssimative logiche populiste Napolitano ha concluso il suo messaggio (22 minuti) con un richiamo alto alla nobiltà della politica, ricordando come fosse stato proprio Benedetto Croce, all’indomani della fine della seconda guerra mondiale e alla ripresa della vita democratica in Italia, a insegnarci che senza la politica non si va da nessuna parte. 

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Categories: Politica