Condividi

Napoli, mon amour: dagli scudetti di Maradona alla serie C, e ora gli ottavi di Champions

Un grande regalo ieri sera per i tifosi napoletani dopo gli scudetti di Maradona e Careca, ma anche dopo le tante delusioni e sofferenze, culminate nella retrocessione in serie C del 2004: la storica qualificazione agli ottavi della prestigiosa Champions League

Napoli, mon amour: dagli scudetti di Maradona alla serie C, e ora gli ottavi di Champions

Negli ottavi della Champions League, dopo aver eliminato una squadra del calibro del Manchester City. Per chi del Napoli si considera tifoso sin dalla metà degli anni 50′ è più che un’impresa! E’ un regalo! Certo il Napoli di Maradona e Careca ha vinto due scudetti. Nel 1986-87 e nel 1989-90. Poi c’è stata la conquista della Coppa Uefa nel 1989. Ma per i tifosi non sono state sempre rose e fiori. Le retrocessioni in serie B al Napoli non sono mai mancate, e poi il dramma del 2004, con la perdita del titolo sportivo e il ricominciare dalla C. Eppure i tifosi allo stadio hanno continuato ad andarci: in tempi di vacche grasse, ma anche in tempi di vacche magrissime. E quindi vale la pena goderci fino in fondo il regalo che ci hanno fatto Lavezzi e Cavani.

Io, allo stadio non vado più da tempo. Ma ci sono andato e quanto! Al San Paolo, ma anche al vecchio stadio del Vomero. Dovevo avere poco meno di dieci anni la prima volta che, accompagnato da mio padre, ho assistito ad una partita del Napoli. “Bugatti, Comaschi, Viney; Castelli, Gramaglia, Granata; Vitali, Formentin, Jeppson, Amadei Pesaola. Allonatore Eraldo Monzeglio”. Lo stadio del Vomero non conteneva più di 35mila spettatori, una delle curve poggiava sui tubi d’acciaio. Si giocava con il “sistema”, non c’era ancora il libero. E i pali delle porte erano rettangolari. Non erano ammesse sostituzioni durante la partita. Se si faceva male il portiere, tra i pali doveva andare un “attaccante”. Al Vomero poi non c’era nemmeno la cabina radio. E quando c’era, Niccolo Carosio la radiocronaca doveva farla da bordo campo.

La mia prima partita fu Napoli-Atalanta. Il Napoli, in maglia rossa (doveva essere la squadra ospitante a mettere la maglia di riserva e l’Atalanta era in neroazzurro) vinse 6 a 3. Risultato tennistico. Ma non sarebbe stato sempre così. La mia carriera di tifoso è passata più attraverso delusioni più che soddisfazioni: le retrocessioni in B, i mancati scudetti dei tempi di Sivori e Altafini. Quanto al Napoli di Maradona, l’ho seguito meno, e soprattutto da lontano. Non abitavo più a Napoli e dovevo limitarmi a seguirlo, quando potevo, dalla voce di Enrico Ameri e degli altri radiocronisti della radio. E, nei casi di maggiori difficoltà, rivolgendo a qualche passante la fatidica domanda: “Scusate, sapete il Napoli che ha fatto”?

Se devo dire chi sono stati i giocatori del Napoli che più ho amato devo fare due nomi. Il primo è Jeppson, detto dai tifosi “O banco e Napule” (fu il primo giocatore a costare più di cento milioni di lire). Veniva dalla Svezia, era un cantrattacco classico, che faceva goal, lasciando sul posto il centromediano avversario. Inoltre Jeppson era un vero uomo di sport. Basti ricordare che, pur facendo il calciatore professionista, fu un buon seconda categoria di tennis, per molti anni campione campano. Il secondo nome è quello di un altro centravanti: Vinicio che fu anche per un certo periodo allenatore del Napoli.

Vorrei poi provare a sfatare un facile luogo comune: Quello per il quale il tifoso del Napoli sarebbe uno dei meno raccomandabili socialmente tra i tifosi italiani e non solo. Non è così. Certo, non nego che talvolta le facce che si incontrano sulle gradinate degli stadi italiani, al seguito degli azzurri, talvolta fanno una certa impressione, e che soprattutto, da quando la camorra ha preso consistenza sul territorio è difficile escludere influenze della malavita sulla tifoseria. ma il tifoso del Napoli è soprattutto un personaggio un po’ malinconico, talvolta rassegnato, e soprattutto abituato a soffrire da tante delusioni e pronto a soffrire di nuovo in nome della sua passione. Negli anni nei quali ero abbonato ai “distinti” ricordo un signore che sedeva piò o meno dietro di me: prima che cominciasse la partita, sistemava iol cuscino e poi annunciava: “Oggi, m’aggio a fa’ venì a malatia e’core!” (oggi devo farmi venire la malattia e ‘core).

Ed è a tutti quei tifosi, nè violenti, nè scostumati, nè a tutti i costi folcloristici, ma soltanto sofferenti per la loro passione, che ho pensato ieri dopo che il Napoli aveva compiuto l’impresa. Così come ho pensato a mio padre, anche lui tifoso del Napoli, che quando mi aveva portato allo stadio, aveva dovuto (solo per quella volta) interrompere la decisione presa (per tigna politica) di non andare più a vedere il Napoli finchè il comandante Lauro ne sarebbe stato il presidente. E che, il giorno nel quale l’Italia aveva vinto il mondiale in Spagna battendo la Germania nel 1982 aveva commentato: “Con quelli del ’34 e del ’38 ho visto l’Italia vincere tre mondiali, ma temo che non vedrò mai il Napoli vincere il campionato”. Fu buon profeta, perchè morì poco dopo e comunque prima che Maradona e compagni vincessero i due scudetti.

Commenta