Il 15 maggio 1796 l’esercito francese comandato dal generale Napoleone Bonaparte entra a Milano. Tra alterne fortune (con l’interregno austriaco del 1799-1800) il generale corso plasmerà̀ il destino della città fino al 1814, data della sua abdicazione. Nell’arco di un solo ventennio Napoleone ha influenzato Milano con un’intensità̀ e con un fervore mai visti prima. Arrivato come liberatore nel 1796, carico degli ideali della Rivoluzione, si trasforma in seguito in imperatore, deludendo con questa svolta i molti che avevano visto in lui il promotore della diffusione in Lombardia dei principi repubblicani ma anche consolidando – attraverso il suo potere – il buongoverno, le strutture e l’amministrazione della città.
L’arte e la costruzione dell’immagine di se stesso sono stati aspetti centrali della sua presenza a Milano, durante la quale la rilevanza e l’attenzione verso la pittura, l’architettura, l’urbanistica sono state un elemento costante. Senza alcuna esagerazione, si può affermare che Milano sia la città dell’Impero dove l’influenza di Napoleone sia stata maggiore, e dove il suo ricordo è tuttora percepibile.
Napoleone nutriva una passione genuina per l’arte e aveva una grande considerazione delle arti e degli artisti, che svolsero un ruolo centrale nella costruzione del suo mito. Grazie a lui la Pinacoteca di Brera è diventata il museo nazionale che raccoglieva le opere selezionate da un’apposita commissione ed è rimasta con gli anni strettamente legata a Bonaparte, come si evince dalle vaste sale a lui dedicate e dalla celebre statua in bronzo di Canova che ritrae il generale come Marte Pacificatore collocata nel cortile principale. La riprova della sincera passione di Napoleone per l’arte è l’incontro avvenuto all’indomani del suo ingresso a Milano con due pittori di grande talento, Antoine-Jean Gros e Andrea Appiani; quest’ultimo è stato il maggior interprete figurativo dell’età napoleonica in Italia e il ritrattista ufficiale dell’imperatore. Ed è proprio partendo dalla figura del grande artista Appiani che la Galleria Carlo Orsi ha selezionato 14 opere provenienti da collezioni private per celebrare questaimportante ricorrenza del 5 maggio, bicentenario della morte di Napoleone. All’interno della mostra viene presentato il Ritratto di Alessandro Trivulzio ministro della Guerra (1802 – 1804) di Appiani. L’ufficialità della posa del nobile generale che con le mani impugna la spada, viene smentita dalla fine introspezione del personaggio e dall’emozionante paesaggio sullo sfondo reso attraverso vibrazioni atmosferiche.
Tra gli artisti esposti si trova anche Giuseppe Bossi, rivale di Appiani, con il Ritratto di Napoleone Bonaparte (1805). L’artista si era cimentato nell’iconografia napoleonica rappresentando Bonaparte come una divinità o un antico sovrano vestito di porpora nel celebre dipinto con cui aveva vinto nel 1802 il Concorso della Riconoscenza. L’opera si trova oggi presso l’Accademia di Brera.
A completare la sezione dedicata ai ritratti dell’ “uom fatale” vi sono un’altra opera di Giuseppe Bossi Ritratto di Napoleone appoggiato al globo, il meraviglioso Busto di Napoleone realizzato in marmo da Lorenzo Bartolini e la Statuetta equestre di Napoleone Bonaparte di Giacomo Raffaelli. La mostra prosegue con una sezione di opere raffiguranti i funzionari e la corte napoleonica tra cui si menzionano la serie di miniature di Giambattista Gigola su avorio, e i luoghi e le vedute dell’epoca. A chiudere il percorso della mostra – e a testimoniare il perdurare del mito napoleonico nei decenni successivi alla sua morte – è l’opera di Francesco Hayez Napoleone distribuisce le decorazioni dopo la battaglia di Wagram. Dipinto commissionato nel 1831 dal conte Carlo Cicogna, barone del Regno Italico e aiutante in campo del Vicerè Eugenio de Beauharnais, che era stato insignito a soli 25 anni della Legion d’Onore per il valore dimostrato in battaglia.