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Nancy Pelosi a Taiwan: un’uscita di scena con azzardo che crea nuove tensioni tra Usa e Cina

Imagoeconomica

Ci sono molti modi di uscire di scena dopo un’intera vita dedicata alla politica e alle istituzioni ma quello utilizzato dalla speaker del Congresso Usa Nancy Pelosi con il suo blitz di 20 ore a Taiwan tra martedì e mercoledì scorsi ha tutto il sapore di un’inutile provocazione che potrebbe spostare dall’Ucraina al Sud Est asiatico il baricentro della crisi mondiale. A 82 anni Nancy Pelosi sa già che a novembre non sarà più speaker della Camera perché molto difficilmente il suo mandato le verrà rinnovato. E tuttavia non vuole rassegnarsi a un’uscita senza i cosiddetti “flying colors” ossia con tutti gli onori delle armi che devono essere tributati a chi come lei si è sempre battuta per la democrazia e la libertà e che già nel ’91 la portò a manifestare a piazza Tienanmen contro il regime comunista due anni dopo il massacro degli studenti e poi per l’autonomia del Tibet.

Sul grattacielo Taipei 101 “Benvenuta presidente Pelosi”

Fino all’ultimo la tappa di Taipei è rimasta in forse avvolta in una fittissima agenda di tappe asiatiche tra Singapore, Malesia e ora Corea del Sud. Solo martedì, infine, l’app Flithradar24 che traccia tutti i voli aerei segnalava al mondo la presenza del Jet Spar19 dell’Us Air Force con a bordo la Pelosi, protetta da una fitta copertura aerea e navale Usa che si stava dirigendo perso l’aeroporto Songshan di Taipei.

Mentre sul grattacielo Taipei 101 appariva la scritta rotante luminosa “Benvenuta a Taipei presidente Pelosi” si alzavano in volo ventuno aerei militari cinesi violando lo spazio areo nel sud Ovest dell’isola. Pechino ha denunciato la “provocazione” che minaccia la pace e la stabilità regionale e il principio di un’unica Cina. E la Russia non è stata a guardare ricordando che al Cina “ha tutto il diritto di tutelare la sua sovranità”.

Una brutta gatta da pelare per il presidente americano Joe Biden che nelle stesse ore annunciava trionfante davanti alle telecamere il blitz copn due missili Hellfire che avevano eliminato nel quartiere di Shirpur a Kabul uno dei fondatori di Al Qaeda Ayman al Zawahiri. Un successo che sembrava cancellare d’un tratto tutte le più cupe previsioni sulla lotta al terrorismo fondamentalista dopo il disastroso ritiro dei contingenti occidentali dall’Afghanistan un anno fa.

Il viaggio della Pelosi a Taipei mette tensione tra Biden, Putin e Xi

Il viaggio a Taipei della Pelosi, a 25 anni di distanza da quello compiuto nel ’97 dallo speaker Newt Gingrich, ha marginalizzato quel successo e rimesso in discussione il lento percorso di dialogo tra Biden e Xi finalizzato ad evitare una scelta di campo a favore dei russi nella crisi ucraina. Giovedì 28 luglio Biden ha parlato per oltre 70 minuti (un’enormità per i consueti colloqui diplomatici) con il presidente cinese Xi chiedendogli di non sostenere Putin e di superare la guerra dei dazi sull’interscambio commerciale tra Usa e Cina. Lunedì 1° agosto, poi, poche ore prima del volo in Asia della Pelosi, Biden offriva a Putin e Xi un “negoziato globale” sul controllo delle armi nucleari. Insomma, tutto stava lentamente progredendo verso un orizzonte positivo se non fosse stato per il “caso Pelosi”.

L’asse della crisi mondiale si stia spostando verso Est

Quanto alla speaker della Camera, ha ribadito il sostegno americano a Taiwan. Nell’incontro con la presidente Tsaiu Ing-wen e, poi, nel suo discorso all’Università di Taipei ha salutato l’isola come “una delle società più libere del mondo”. Nelle stesse ore in cui Pelosi era a Taiwan in uno scenario quasi di imminente scontro tra forze militari, il capo della diplomazia russa, Sergei Lavrov era a Rangoon in Myanmar con il suo omologo Wunna Maung Lwin per discutere temi strategici ed economici in vista del meeting in Cambogia del gruppo Russia-Asean. Sembra quasi che l’asse della crisi mondiale si stia spostando verso Est dove gli Stati Uniti cercano di contenere le ambizioni geopolitiche cinesi e l’asse Pechino-Mosca con un’alleanza che vede coinvolti Giappone, Australia, Nuova Zelanda e proprio Taiwan.

Perché Biden non ha messo un freno al viaggio della Pelosi?

Ma, a questo punto, ci si interroga sul perché Biden non abbia messo un freno impedendo la photo opportunity della Pelosi a Taipei. Se è vero quello che circola sempre di più tra la stampa americana ed ossia che “la debolezza di Biden risiede nella sua paura di apparire debole” il presidente americano non sarebbe intervenuto direttamente per non correre il rischio di sentirsi dire dalla presidente della Camera: “non devo obbedire al Governo ma solo ai miei deputati”. Biden avrebbe quindi chiesto un passo al suo consigliere per la sicurezza nazionale Sullivan che non avrebbe però portato ad alcun risultato. La Pelosi, partendo da Taipei ha cercato di trasformare il caso in una vicenda di gender. “E’ un grande orgoglio – ha detto – per noi oggi essere la prima donna speaker della Camera che incontro la prima presidente di Taiwan”. “Quest’anno – ha aggiunto al Pelosi – diversi senatori Usa compreso il presidente della Commissione Affari esteri Bob Menendez hanno visitato Taiwan senza essere attaccati da Pechino. Il mio viaggio ha fatto clamore perché solo perchè sono speaker donna”. Resta il fatto che le prime reazioni cinesi hanno riguardato ritorsioni economiche verso Taipei a cominciare dal blocco delle esportazioni di sabbia fondamentale per la fabbricazione dei microchip di cui Taiwan è primo produttore mondiale. Ma quello che si teme di più è ora una vendetta “fredda” nei confronti degli Stati Uniti che porti a un’alleanza con Mosca. 

Ultima annotazione: forse la Pelosi poteva uscire di scena in maniera meno problematica limitandosi alla sua apparizione il 4 luglio scorso all’ambasciata Usa di Villa Taverna a Roma e al suo viaggio della memoria in Abruzzo alla ricerca dei luoghi di origine.

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