Nel corso del 2° trimestre 2017 la crescita su base annua dello stock di prestiti alle famiglie ha accelerato nuovamente al +2,5% a/a segnato a maggio dal 2,4% dei due mesi precedenti, confermandosi ai massimi da febbraio 2012 (dati corretti per le cartolarizzazioni). A giugno, secondo le statistiche di fonte Bce, la crescita si è rafforzata a +2,6% a/a. La dinamica è sostenuta dai mutui e dal credito al consumo. Tuttavia, su base congiunturale la crescita dello stock di mutui è rallentata e anche i flussi hanno mostrato un indebolimento del trend, pur restando elevati in valore assoluto.
Guardando alle erogazioni, infatti, da aprile si è osservato un calo significativo dei flussi lordi sia su base annua (-15,9% a/a ad aprile e -9%a maggio e giugno), sia nel confronto col 1° trimestre 2017 (-16,6% il flusso medio mensile destagionalizzato rispetto al 1° trimestre). Una prima avvisaglia di calo su base annua delle erogazioni si era avuta a febbraio (-1,6% a/a), ancorché marginale. Queste evidenze sui volumi di credito sono coerenti con quanto emerso dalle rilevazioni CRIF, che riportano da aprile a giugno un notevole calo delle interrogazioni del sistema informativo Eurisc relative a richieste di nuovi mutui e surroghe da parte delle famiglie.
Il calo delle erogazioni nel 2° trimestre è determinato da una forte contrazione delle rinegoziazioni mentre i nuovi contratti a maggio e giugno hanno nel complesso tenuto, diversamente da aprile. Infatti, sulla base delle statistiche armonizzate di fonte Bce, a giugno i nuovi contratti si sono ridotti lievemente dopo un modesto aumento a maggio (-0,8% a/a e +1,4% nell’ordine). All’opposto, le rinegoziazioni hanno subito un forte calo costantemente nel trimestre, del -28% a/a in media. In termini di quota sul totale delle erogazioni, le rinegoziazioni sono scese significativamente rispetto al 1° trimestre e alla media del 2016. Il confronto europeo conferma che in Italia l’importanza delle rinegoziazioni resta più contenuta della media dell’area euro. Tuttavia, anche nel complesso dell’eurozona comincia a emergere una frenata, col tasso di crescita in rallentamento fino al +6,8% a/a di maggio e un primo calo a giugno del -17,2%.
Se inoltre si guarda alla composizione dei flussi tra tasso variabile e tasso fisso, emerge che il calo del totale delle erogazioni di aprile e maggio è determinato dal combinato disposto di una più marcata riduzione delle erogazioni a tasso variabile e di un rallentamento della crescita di quelle a tasso fisso. Le prime infatti si sono ridotte del 33% a/a a maggio dopo il -40% di aprile mentre le erogazioni a tasso fisso hanno frenato visibilmente a +8% a/a a maggio da una media di +31% a/a nel 1° trimestre. In considerazione del livello ancora estremamente basso dei tassi d’interesse, è quindi proseguita la preferenza verso i mutui a tasso fisso, risultati a maggio pari al 69% delle erogazioni lorde totali, come ad aprile, dopo due mesi al 72%, che rappresentava la quota più alta mai osservata in precedenza, secondo la serie storica da inizio 2003.
L’evoluzione recente dei tassi può contribuire a spiegare il calo delle rinegoziazioni, le cosiddette “surroghe”, e la frenata della crescita delle erogazioni a tasso fisso. In particolare, nel 2° trimestre il tasso medio dei nuovi prestiti alle famiglie per acquisto di abitazioni si è confermato leggermente più alto rispetto all’ultima parte del 2016. Dopo la risalita avviata a inizio anno, a giugno il tasso medio si è assestato a 2,09% dal 2,12% di maggio. La media del 2° trimestre è risultata del 2,11% rispetto al 2,04% del 4° trimestre 2016, quando si sono toccati i minimi storici.
Nel corso del 1° semestre, la risalita è stata trainata dalla componente a tasso fisso, assestatasi a maggio e giugno a 2,33% dopo il rimbalzo ad aprile a 2,34%. Tuttavia, rispetto a fine 2016 il tasso fisso ha recuperato non più di 15pb, restando quindi molto basso. Diversamente il tasso variabile, dopo un rimbalzo a febbraio, è ridisceso fino all’1,70% di aprile, sul livello di fine 2016, assestandosi a maggio per poi scendere ancora a giugno a 1,66%, che rappresenta un nuovo minimo storico. Pertanto, il differenziale fra tasso fisso e tasso variabile, che aveva toccato un minimo di 43pb a ottobre 2016, è tornato ad ampliarsi da aprile e a giugno è salito ai massimi da metà del 2016 (67pb a giugno da 63pb a maggio).
Nel confronto europeo, emerge che dagli ultimi mesi del 2015 il tasso variabile italiano è stato lievemente più basso o in linea con la media dell’area euro, posizionamento che si conferma nel 2° trimestre 2017. Permane invece un gap nel caso del tasso fisso, con un differenziale positivo tra tasso italiano e dell’eurozona, tornato però a ridursi nel corso del 1° semestre fino ai 44pb di giugno, in linea con fine 2016, dopo essersi ampliato a inizio 2017 a 51pb. Infatti anche il tasso fisso dell’eurozona ha mostrato una tendenza al rialzo nel semestre, benché avviata con maggior gradualità rispetto al caso italiano.