La drammatica partita Monte Paschi, ma anche l’annuncio della cessione di Pioneer ad Amundi da parte di UniCredit alla vigili del maxi aumento di capitale che sarà comunicato domani. La reazione dei mercati al taglio alla produzione di petrolio tra i Paesi non Opec e alla la prospettiva di un asse tra la Russia di Putin e gli Usa dopo la nomina a sorpresa di Rex Wayne Tillerson, già numero uno di Exxon e amico del presidente russo, a segretario di Stato americano. Senza dimenticare la soluzione lampo della crisi di governo italiana.
Ma l’appuntamento-clou sarà la riunione della Fed sull’aumento dei tassi che sarà comunicato il 14dicembre, al termine del meeting del comitato monetario della Banca centrale Usa. Una decisione scontata ma comunque storica: l’era dei tassi bassi sta per lasciare spazio agli aumenti necessari per finanziare gli investimenti della Trumpeconomics e ai deficit pubblici provocati dal taglio delle tasse.
Continua stamane la pressione sui T-bond Usa. La settimana riparte con il Treasury Bill al 2,49% e il Bund a 0,36%. Il Btp tratta a 2,03%. L’euro è poco mosso a 1,056 sul dollaro, sia venerdì che giovedì si è svalutato. L’oro scende su livelli che non si vedevano da febbraio a 1.158 dollari l’oncia.
Le Borse dell’Asia sono contrastate. Nel finale di seduta l’indice Nikkei di Tokyo sale dello 0,9%. Zavorrate dal comparto delle società immobiliari e dal crack di alcune assicurazioni, indietreggiano le Borse della Cina. Hong Kong -1,1%, Shanghai -1,8%, Taipei -1,4%. In lieve rialzo l’indice Kospi di Seul (+0,2%), scende il mercato azionario dell’India: Bse Sensex -0,4%.
I futures segnalano un’apertura in buon rialzo, attorno al mezzo punto percentuale, sulle principali piazza europee.
MPS TENTA LA RISCOSSA, UNICREDIT LA CONFERMA DEL RALLY
Discorso a parte per Milano. La Borsa italiana, sul cui palcoscenico stanno per andare in scena sia l’ultimo atto della crisi di Monte Paschi sia la rinascita di Unicredit, dopo un remake dai risvolti ancora imprevedibili. Nonostante la settimana più brillante degli ultimi cinque anni (indice Ftse Mib +7%) Piazza Affari è in forte ritardo rispetto alle altre Borse europee: -14,5% da inizio anno a fronte del +2,7% di Parigi e al +4,2% di Francoforte.
UN DIVIDENDO STRAORDINARIO PER MUSTIER
A render possibile un recupero in extremis del comparto bancario è la rincorsa di Unicredit (+20% nell’ultima settimana). Stamane sarà annunciato uno degli ultimi atti, senz’altro il più impegnativo, della campagna cessioni di Unicredit: Pioneer, la società dell’asset management dell’istituto, seconda potenza del risparmio gestito italiano, passa alla francese Amundi (Crédit Agricole e Société Génerale) per poco più di 4 miliardi, compreso un dividendo straordinario per il venditore italiano.
L’operazione cade a meno di una settimana dalla cessione di BankPekao (circa 3 miliardi) e di un pacchetto di Npl. Domani a Londra Jean-Pierre Mustier svelerà i contorni del nuovo business plan, che prevede, accanto a tagli dei costi e alla riforma della governance, la proposta di un aumento di capitale nell’ordine di 13-14 miliardi che sarà solo in parte coperto dagli attuali soci: inevitabile, perciò, il cambio degli assetti.
MA PER SIENA È PRONTO L’INTERVENTO PUBBLICO
Assai più drammatica la trama di Monte Paschi, che riparte in Borsa dal -10,55% di venerdì. Il consiglio di amministrazione della banca, convocato ieri sera per esaminare la situazione dopo il rifiuto ancora ufficioso della Vigilanza Ue alla proroga al 20 gennaio dell’esecuzione dell’aumento di capitale, ha deciso di insistere nel tentativo di raccogliere 5 miliardi sul mercato entro l’anno, senza dover ricorrere all’intervento dello Stato.
È stato perciò stabilito di riaprire la conversione dei bond subordinati in azioni con l’obiettivo di coinvolgere anche la clientela retail, contando sulle necessarie autorizzazioni della Consob per derogare a quanto stabilito dalla Mifid 2 sul profilo di rischio dei risparmiatori coinvolti. Il piano messo a punto da JP Morgan e Mediobanca prevede infatti la riapertura dell’offerta di scambio azioni-obbligazioni già rivolta agli istituzionali (1 miliardo di capitale raccolto) anche a 140 mila clienti di Mps che sottoscrissero l’offerta (2,1 miliardi) nel 2008. In questo modo si potrebbero raccogliere altri 1-1,5 miliardi.
Inoltre, dopo la soluzione a tempo record della crisi di governo, potrebbe tornare sulla scena il fondo sovrano del Qatar, che potrebbe fornire un altro miliardo. A questo punto, la banca dovrebbe compiere l’ultimo miracolo: convincere private equity ed altri grandi investitori a contribuire per 1,5-2 miliardi. Se l’istituto non riuscisse a realizzare il piano nei prossimi 20 giorni, Natale incluso, fonti governative hanno già detto che è pronto un piano di salvataggio pubblico con inevitabili ricadute su azionisti ed obbligazionisti, pur limitate dall’intervento dello Stato.
IL TESORO OFFRE 4,75 MILIARDI DI BOT
In questo clima ad alta tensione (ma rasserenato dalla chiusura-lampo della crisi politica) il Tesoro metterà oggi a disposizione degli investitori 4,75 miliardi di euro in Bot a 12 mesi, a fronte dei 5,5 miliardi in scadenza, in un collocamento che probabilmente, dato il contesto in cui avverrà, vedrà i rendimenti del Buono annuale in rialzo rispetto al -0,210% del collocamento di novembre. In chiusura, sul mercato grigio di Mts, il rendimento del Buono che andrà in asta scambia tra -0,176% e -0,195%.
LA SPINTA DI MURDOCH SU MEDIASET
Il settore bancario assorbirà buona parte dell’attenzione del mercato. Ma non mancano altri temi da segnalare. Mediaset (+3% venerdì) potrebbe trarre vantaggio dal fermento attorno al settore media dopo che Sky, controllata al 39% dal gruppo Murdoch ha annunciato di essere stata avvicinata da Twenty-First Century Fox, altra società del magnate australiano, in vista di una offerta di acquisto. L’offerta di Fox è pari a 12,82 euro per azione in cash e rappresenta un premio del 36,2% sull’ultima quotazione. L’offerta valorizza Sky 22,04 miliardi di euro.
PETROLIO AI MASSIMI DA LUGLIO, DOMANI INVESTOR DAY ENI A NEW YORK
In grande movimento il mercato del petrolio. Le quotazioni del Brent salgono stamane a 57,89 dollari, ai massimi da luglio, così come il Wti a 54,51 dollari. Sabato i principali produttori non Opec, ovvero Azerbaijan, Messico, Oman, oltre ovviamente alla Russia, hanno convenuto di ridurre le estrazioni di greggio per circa 550.000 barili, che vanno ad aggiungersi al taglio di 1,2 milioni di barili effettuato dal cartello il 30 novembre.
L’incognita, secondo gli esperti, sta nell’atteggiamento dei produttori di shale oil Usa, più che competitivi su prezzi oltre i 50 dollari. Ma la nomina di Tillerson, grande amico di Vladimir Putin, a segretario di Stato dimostra che la nuova amministrazione Usa punta a cooperare piuttosto che a competere con Mosca.
In questo clima si terrà martedì a New York l’investor day dell’Eni. Venerdì il titolo ha chiuso in pratica invariato (+0,1%). Da rilevare il tonfo di Saipem (-4,2%) dopo avere perso una maxi-commessa per il Turk Stream. A Roma ci sarà invece la presentazione del World Energy Outlook (con Calenda e i vertici di Enel Greco e Starace), il preconsuntivo dell’Unione Petrolifera sul 2016.
Non solo Usa. È prevista anche la riunione dei vertici della Banca Centrale Svizzera e della Bank of England. In entrambi i casi non è prevista alcuna variazione dei tassi. Al contrario la banca centrale del Messico aumenterà il costo del denaro per la quinta volta nel 2016 nel tentativo di frenare la caduta nei confronti del dollaro.
LA NEW ECONOMY VA A RAPPORTO DA TRUMP
A giustificare l’aumento dei tassi Usa c’è il conforto dei numeri. A novembre la disoccupazione americana è scesa al 4,6% dal 4,9%, ai minimi dal 2007. Sorprese anche sul fronte della crescita, che nel terzo trimestre ha segnato +3,2% rispetto all’atteso 2,9%, il risultato migliore degli ultimi anni. A trainare il Pil sono stati i consumi, passati al +2,8% dal precedente 2,1%. Le vendite al dettaglio dovrebbero dare un ulteriore segnale in tal senso nei prossimi giorni, a testimonianza del fatto che la salute finanziaria delle famiglie americane è migliorata.
La Trump Tower è ormai al centro dell’economia globale. In settimana toccherà finalmente ai Big della new economy, varcare la soglia del nuovo centro del potere. Finora l’economia digitale è stata trascurata dal neo presidente e da Wall Street, convinta che la politica sull’immigrazione della nuova amministrazione creerà problemi a Silicon Valley. Ma all’appuntamento di New York arriveranno rappresentanti di Alphabet, Apple e Facebook nonché Jeff Bezos di Amazon. Tra i Big invitati al meeting con Trump ci saranno anche Safra Catz, numero due di Oracle, e Chuck Robbins, ceo di Cisco.