Ci dev’essere stato un problema di editing nella frettolosa stesura del capitolo sulla “Tutela del risparmio” che campeggia a pagina 15 del Contratto di programma del nuovo governo stilato dalla Lega e dal Movimento Cinque Stelle. E’ difficile chiedere tutto e il contrario di tutto in poche righe ma è quello che è puntualmente successo.
Il capitolo sulla difesa del risparmio del Contratto parte, lancia in resta, dalla richiesta di superare le norme europee sul bail-in delle banche, quelle norme cioè che, in caso di fallimento di una banca, fanno pagare il conto non più ai contribuenti ma agli azionisti, agli obbligazionisti e ai depositanti oltre i 100 mila euro. Richiesta legittima perchè, pur valido nei suoi principi di fondo, il bail-in è stato introdotto quasi a sorpresa, senza un periodo transitorio di preparazione dell’opinione pubblica e dei risparmiatori ed è stato introdotto, come ricorda spesso la stessa Banca d’Italia, con effetti sostanzialmente retroattivi. Richiesta legittima, dunque, ma sostanzialmente impraticabile, perchè la modifica di una direttiva europea presuppone che ci sia tra gli Stati un larghissimo consenso, di cui non si vede nemmeno lontamente l’ombra.
D’altra parte, quando il Governo Letta approvò il bail-in lo fece nella piena consapevolezza che si trattava del male minore perchè l’allora ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ebbe a ricordare che il ministro delle Finanze tedesco Wolfang Schaeuble fu inflessibile nella stretta finale e disse praticamente così: “Cari italiani, se non approvate il bail-in, dovremo separare il rischio debito sovrano dal rischio bancario e cioè porre un tetto ai titoli di Stato nel portafoglio delle banche per evitare che, nel caso esploda il rischio sovrano di un Paese, la crisi porti con sè anche quella delle banche”. Posizione del tutto pretestuosa, perchè, se scoppia la crisi del debito pubblico, non vanno in crisi solo le banche ma un intero Paese e se questo fosse l’Italia, esso trascinerebbe nella crisi l’intera Europa. Ma tant’è. Lega e Cinque Stelle vogliono riprovare a rimettere in discussione il bail-in? Tanti auguri.
Però il lato paradossale di tutta la storia sono le righe finale del capitolo sulla “Tutela del risparmio” del Contratto, laddove si propone di ridefinire la mission del Monte dei Paschi. Che cosa ciò voglia dire lo ha spiegato, a mercati aperti, l’economista della Lega e parlamentare di Siena, Claudio Borghi, secondo cui il nuovo Governo non privatizzerà affatto il Monte e non chiuderà le filiali in esubero, ma ne farà una banca eternamente pubblica al servizio del territorio. Peccato che quelle clausole del piano del Monte siano parte integrante ed essenziale dell’accordo stipulato dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, con la Commissione europea per poter ricapitalizzare la banca senese ed evitarne il fallimento.
Ma se salta la privatizzazione di Mps, salta il piano e se salta il piano salta anche l’accordo con la Ue e, se salta quest’ultimo, il Monte torna nelle pesti e va incontro alla sua crisi definitiva con tanto di bail-in. Più autogol di così non si potrebbe immaginare. Il nuovo governo ripudia il bail-in e poi gli spiana la strada facendo saltare il piano del Monte dei Paschi concordato con Bruxelles. Dilettanti allo sbaraglio? Giudichi il lettore, ma senza dimenticare due punti.
Il primo è semplice ma netto: in caso di bail-in di Mps chi paga il conto? Lo pagano gli azionisti, gli obbligazionisti (tutti) e i correntisti che hanno depositi oltre i 100 mila euro. Ma lo pagano anche i contribuenti, cioè tutti noi, perchè il 68% del Monte dei Paschi è attualmente in mano al Tesoro, che resterebbe, come tutti i cittadini, con un pugno di mosche in mano. Se succede, il professor Borghi rischia seriamente di essere inseguito con i forconi non solo sulla Piazza del Campo di Siena e ma in tutta Italia e non glielo auguriamo. Le su improvvide dichiarazioni sul Monte hanno già provocato un salasso del titolo della banca senese in Borsa, che in due giorni ha virtualmente bruciato 400 milioni con perdite a rotta di collo, e sarebbe il caso di smetterla.
Ma il secondo punto su cui riflettere è l’alternativa al fallimento che il nuovo governo immagina per il Monte dopo aver ovviamente messo le mani sulle sue poltrone (chiamatelo pure, se volete, spoil system) e cioè un consolidamento, di cui si parla da tempo, della banca senese con la Cassa depositi e prestiti e forse con Poste Italiane. Ipotesi affascinante che naturalmente dovrebbe passare sotto le forche caudine di Bruxelles ma che ha una contraddizione che solo menti inesperte possono ignorare e cioè che, nel caso incorporasse di fatto Mps, la Cassa finirebbe sotto la stretta vigilanza della Banca d’Italia e della Bce con una riduzione della sua libertà di manovra del tutto incompatibile con i progetti faraonici e costosi che il nuovo Governo immagina.
Insomma, un autogol dopo l’altro. Eppure nella Lega c’è una persona seria come Giancarlo Giorgetti, il braccio destro di Matteo Salvini, che queste cose le sa benissimo: faccia tacere l’improvvido Borghi e prenda in mano lui il dossier Mps. Spiegando, se del caso ed è proprio il caso, anche ai Cinque Stelle come stanno realmente le cose. Prima di fare altri danni.
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dopo lo scandalo e il fallimento delle prime banche hanno giocato sul terrore dei risparmiatori per ricomprarsi i titoli obbligazionari del monte paschi con un notevole sconto sapendo bene che il governo avrebbe salvato la banca. Infami fino all'ultimo ! Certe informazioni fanno fare i miliardi e Renzi questo lo sa bene !