Si è trattata di un’operazione lampo, approfittando delle buonissime condizioni di Borsa: il ministero dell’Economia ha venduto una nuova tranche del Montepaschi di Siena, proseguendo nel suo piano di privatizzazione. Con un incasso di 650 milioni di euro, il Tesoro, tramite un pool di banche d’affari a cui ha dato mandato di “procedura accelerata di raccolta ordini”, ha venduto un pacchetto di azioni Mps (per la precisione 157.461.214 titoli) pari “a circa il 12,5% del capitale sociale”.
La domanda è stata tre volte l’offerta
La vendita di ieri è stata fatta al prezzo di 4,15 euro con uno sconto del 2,49% rispetto al prezzo di chiusura delle azioni e la domanda raccolta è stata pari a oltre tre volte l’ammontare iniziale. A valle dell’operazione il Mef manterrà ancora una quota del 26,73%.
A condurre le danze è stato un consorzio di banche costituito da BofA Securities, Citigroup Global Markets Europe Ag, Jefferies e Mediobanca in qualità di Joint Global Coordinators e Joint Bookrunners e Clifford Chance in qualità di consulente legale con “l’obiettivo di promuovere il collocamento delle suddette azioni presso investitori qualificati in Italia e investitori istituzionali esteri”, come si legge in una nota del Mef.
A novevmbre scorso venduta una quota del 25% con un incasso di 920 milioni
Questa mossa, che punta a rendere l’istituto senese indipendente dallo stato dopo il salvataggio-nazionalizzazione di quasi un decennio fa, segue quella del novembre scorso, quando lo Stato aveva venduto una quota del 25% per un corrispettivo di 920 milioni. A fronte di una richiesta di cinque volte rispetto all’offerta, l’ammontare immesso sul mercato fu aumentato dal 20% al 25% e lo sconto riconosciuto agli acquirenti fu del 4,9%. Le azioni vennero cedute a un prezzo di 2,92 euro cadauna, un valore superiore di quasi il 50% rispetto al prezzo di sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale della banca realizzato nel novembre 2022.
Riparte il risiko bancario
In totale dunque, con le due operazioni-Mps il Tesoro ha finora incassato un assegno di quasi 1,6 miliardi che costituisce un buon viatico, pari a circa l’8%, dell’ambizioso piano di privatizzazioni con cui il governo Meloni punta a ridurre il debito pubblico di 20 miliardi entro il 2026.
La mossa riapre la partita di risiko bancario dopo le molte ipotesi nei mesi scorsi riguardanti eventuali aggregazioni con Unipol, Bpm o Unicredit. Per le prossimi eventuali vendite ora gli occhi sono puntati sull’Eni, ma anche sull’Enav, la società del Controllo del Traffico Aereo che fornisce altri servizi essenziali di navigazione e del 49% Ferrovie, non quotata.
La decisione fulminea del Tesoro è stata suggerita ieri pomeriggio dalla corsa in borsa delle azioni Mps: se a novembre scambiavano a poco meno di tre euro, ora viaggiano sopra 4,25, con un balzo del 40% da inizio anno. Una volata favorita dal ritorno all’utile della banca fra indiscrezioni di un futuro dividendo, lo sciogliersi via via del contenzioso legale, da ultimo con l’assoluzione di Viola e Profumo, e condizioni di mercato fortunate che vedono borse come New York, Parigi e Francoforte sui massimi storici, con Milano in forte ascesa. Rimettendo sul mercato la banca di Rocca Salimbeni il Tesoro recupera in parte le somme bruciate con i salvataggi che si erano susseguiti negli anni, 5,4 miliardi di euro solo nel 2017.