In ritardo di qualche giorno sulla tabella di marcia, ma il prospetto per il ritorno in Borsa di Montepaschi è approdato alla Consob. Il via libera della Commissione dovrebbe arrivare entro la fine della prossima settimana, consentendo al titolo Mps di tornare in contrattazione a Piazza Affari fra il 16 e il 19 ottobre.
Le azioni dell’istituto sono sospese dallo scorso dicembre, quando fallì l’estremo tentativo di salvare l’istituto con l’intervento di investitori privati e l’Authority decise di bloccare gli scambi sulle azioni del Monte in attesa dell’intervento pubblico (la ripatrimonializzazione è stata poi di 8,1 miliardi di euro, di cui poco più della metà dal burden sharing e il resto da aiuti di Stato).
QUANTO VARRÀ IL TITOLO DI MPS
Sul mercato grigio gli investitori dicono che Mps tornerà in Borsa a un prezzo di circa 4,3 euro, pari a 0,45 volte il patrimonio tangibile, sui livelli di banche di seconda fascia come Bper e Banco Bpm. Tuttavia, rispetto ad altri istituti, Montepaschi è stata ripulita da 27 miliardi di crediti deteriorati e rafforzata nel capitale, perciò il valore del titolo potrebbe salire fino ad avvicinare i multipli di Ubi (0,6) o di Unicredit (0,75). In ogni caso il titolo è facile prevedere che il titolo rimarrà volatile per mesi.
CHE SUCCEDE DOPO IL RITORNO IN BORSA
Dopo la riammissione agli scambi si passerà al ristoro degli ex detentori di obbligazioni subordinate retail, i quali, in ottemperanza alle regole del burden sharing, hanno dovuto convertire i propri bond in azioni di pari valore. Questi nuovi soci potranno scambiare nuovamente i propri titoli con bond senior di Mps in mano al Tesoro.
Se tutti gli interessati aderissero all’offerta (aperta solo ai risparmiatori che avevano acquistato un Upper Tier 2008-2018 allo sportello prima del 31 dicembre 2015), le nuove azioni incassate porterebbero il ministero dell’Economia dall’attuale 52,2 fino al 70 percento della Banca.
LA POSTA IN GIOCO IN ASSEMBLEA: STATUTO E CDA
Si tratta di un margine rassicurante, considerato che il vero obiettivo di via XX Settembre è superare il 60 percento: oltre questa soglia, infatti, lo Stato potrà approvare in autonomia il nuovo statuto di Montepaschi. Ecco perché l’assemblea straordinaria dei soci (ancora da convocare) andrà in scena solo nella seconda metà di novembre.
La vera partita è però quella che riguarda la nomina del nuovo Cda. È chiaro che la maggioranza dei consiglieri andrà al Tesoro, ma Generali (secondo socio di Mps con il 4,3%) ha lasciato intendere di voler contare nella governance e sta lavorando a una lista di minoranza. Non solo: anche (alcuni) fondi vogliono avere voce in capitolo all’interno del nuovo board.
IL RUOLO DEI FONDI
Nel capitale di Mps post-burden sharing, il peso degli investitori istituzionali è superiore al 20 percento. Anche in questo caso si tratta di ex obbligazionisti subordinati costretti a convertire i propri bond in azioni. Per loro, naturalmente, non è previsto alcun meccanismo di risarcimento da parte dello Stato, perciò è prevedibile che in molti faranno cassa vendendo le azioni in Borsa appena possibile. Secondo l’ad di Mps, Marco Morelli – impegnato nei giorni scorsi in un road show fra Londra e New York – l’ammontare id queste vendite dovrebbe aggirarsi fra il 10 e il 15% del capitale.
Ma altri fondi, riporta Il Sole 24 Ore, vogliono rimanere soci di Montepaschi, con l’obiettivo di guadagnare sul possibile rialzo del titolo. Per questo avrebbero manifestato al Tesoro e alla Banca il desiderio di avere uno o più rappresentanti nel nuovo Cda. Anche loro, come Generali, starebbero lavorando a una lista di minoranza.