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Mps appesa al verdetto Bce: lo Stato prepara il paracadute

Francoforte decide oggi se prorogare i termini per la ricapitalizzazione – Nel caso (probabile) di un rifiuto, si spalancherebbero le porte alla nazionalizzazione – Ecco cosa rischiano azionisti e obbligazionisti.

Sono ore cruciali per il destino del Monte dei Paschi. La Banca Centrale Europea risponderà oggi all’istituto senese, che ha chiesto a Francoforte di far slittare dal 31 dicembre al 20 gennaio il termine per il rafforzamento di capitale da 5 miliardi di euro. Secondo le ultime indiscrezioni, l’Eurotower sarebbe orientata a rifiutare. L’intervento dello Stato – che per la verità rimarrebbe probabile anche in caso di proroga – diventerebbe a quel punto ineludibile. Ma in quali termini?

È possibile che il nuovo governo (con Pier Carlo Padoan confermato al ministero dell’Economia, se non addirittura promosso alla presidenza del Consiglio) scelga di varare, forse entro lunedì prossimo, un decreto legge per forzare la conversione di 4,3 miliardi di bond subordinati in nuove azioni Mps.

Questi titoli sarebbero poi acquistati dal Tesoro, che potrebbe poi sottoscrive un «aumento precauzionale» per la quota mancante. In questo modo gli obbligazionisti sarebbero tutelati, con un parziale coinvolgimento soltanto dei bond più rischiosi e riservati ai professionisti. Sennonché Mps ha venduto 2,2 miliardi di titoli subordinati anche a 40mila correntisti, risparmiatori ai quali Via XX Settembre cercherebbe di garantire un risarcimento, magari parziale. Da un lato infatti ci sono le regole europee in tema di aiuti di Stato da cui non si può prescindere, dall’altro la volontà di non mettere in campo misure impopolari alla vigilia del voto per le imminenti elezioni politiche. Un rebus non facile da risolvere.

Quanto agli azionisti, non vedrebbero azzerato il valore dei loro titoli, ma subirebbero una semplice diluizione della quota. Un bail-in light, insomma, esplicitamente previsto dalle regole europee all’articolo 32 della direttiva Brrd per casi di rilevanza sistemica come quello del Monte dei Paschi.

L’operazione rischia però di costare allo Stato ben più di 5 miliardi. Il fabbisogno di capitale dipenderà da uno stress test e dai calcoli sulla perdita legata alla cessione delle sofferenze, che proseguirebbe con garanzie statali e Atlante compratore. Si stima un costo di 2-2,5 miliardi per il Tesoro, che così diventerebbe socio di Mps con il 20-30% del capitale, senza contare l’eventuale quota azionaria frutto dell’acquisizione dei bond convertiti.

Se invece la Bce accogliesse la richiesta di proroga, Mps e il Tesoro continuerebbero fino all’ultimo a cercare una soluzione di mercato. Questa dovrebbe passare necessariamente per l’anchor investor, il Qatar, che non ha ancora deciso se investire o meno un miliardo di euro nel Monte dei Paschi, ma sembra orientato verso il no, soprattutto dopo l’esito del referendum e le dimissioni di Matteo Renzi. Se però avessero il tempo di vedere insediato un nuovo governo, gli emiri potrebbero tornare nuovamente sui propri passi.

Con lo slittamento dei termini, inoltre, si riaprirebbe il dialogo anche con alcuni hedge fund americani come Soros, Paulson e il fondo Hoplite Capital Management, ognuno dei quali si era detto disponibile a investire tra i 200 e 300 milioni, salvo poi tirarsi indietro di fronte alla crisi politica italiana.

Alla fine, se dal mercato arrivassero le risposte sperate, Montepaschi riaprirebbe la conversione dei bond e a inizio anno verrebbe lanciato l’aumento di capitale vero e proprio con garanti JP Morgan, Mediobanca e le 6 banche del consorzio. Ma questo era il piano A e ormai le speranze che vada in porto sono ridotte al minimo.    

Intanto, dopo il nuovo rally di giovedì (+4,1%), oggi il titolo di Mps ha aperto in rosso di oltre il 2%, ma poi è risalito e continua a subire oscillazioni. A metà mattina perde lo 0,32%, a 21,73 euro.

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