La domanda “Moriremo democristiani?” sollevata da Giuseppe Vacca (nel suo libro che non ho letto ma che certamente leggerò) non si presta ad una facile risposta per indeterminatezza del riferimento. Cosa vuole dire “democristiani” ai fini di questa domanda? Perché se vuol dire De Gasperi, Vanoni, Moro, Don Sturzo (che peraltro rifiutò sempre di essere chiamato democristiano, volendo rimanere popolare) e nella fase finale Rognoni e Martinazzoli, il poderoso pensiero sociale che animava questi uomini basato sulla Dottrina Sociale della Chiesa, la capacità che essi hanno avuto di guidare l’Italia sulla via della ricostruzione e dentro l’Europa, allora la risposta è: purtroppo no. Ed emerge quel rimpianto di cui parla l’articolo di Franco Locatelli su FIRSTonline il 4 settembre.
Se invece morire democristiani vuol dire il cinismo e la logica di puro potere di Andreotti, la stoltezza di quell’eminente democristiano, ancora vivente, che all’inizio degli anni ’90 mi chiedeva ironicamente: “Ma Lei pensa davvero che un alto debito pubblico sia un male per l’Italia?”, la disonestà di tanti politici e amministratori pubblici che, per denaro, hanno massacrato l’Italia, allora la risposta è ancora negativa. Ma senza rimpianto. In questo caso la risposta è negativa, nel senso che i nuovi presunti democristiani, i Letta, i Renzi, gli Alfano, non riusciranno mai ad eguagliare, nel male, i loro maestri.
La democrazia cristiana è morta definitivamente, per mancanza di pensiero, quando negli anni ’90 è stata liquidata dai democristiani stessi. L’ultimo vero democristiano è stato Silvio Berlusconi. Ma è morta una seconda volta quando è morta la speranza di una ripresa di quel pensiero che la sosteneva, sotto i colpi della Chiesa di Ruini che tutto ha soffocato in puri schemi di potere ed elettoralistici, rompendo quella separazione tra sfera civile-politica e sfera religiosa che da Don Sturzo in poi è stato una dei pilastri del pensiero democristiano.
Nel frattempo tutto è cambiato. La sinistra si è posta in posizione subordinata al pensiero neoliberista dando a vita a, come sono state chiamate, le “due destre”. Il Luigi Einaudi delle Lezioni di Politica Sociale (1944) è, per usare il loro linguaggio, molto più a sinistra di qualunque leader dei Ds e Pd e di qualunque dirigente sindacale del nostro tempo. Per cui oggi la vera domanda da porsi sarebbe: moriremo tutti neoliberisti?
La destra è sfasciata. Il blocco interclassista di centro sinistra sopravvive solo come asservimento ai peggiori istinti e messaggi peronisti del berlusconismo. Bisogna rifare tutto. Ma persino le bussole sono impazzite e non saranno certo gli Alfano (“eine Marionette” come lo definì il Süddeutsche Zeitung) a rimetterle in ordine. Sono peraltro d’accordo con chi chiede delle distinzioni. Tra Alfano e Renzi non c’è nessuna relazione. Renzi rappresenta una “discontinuità” rivolta sia al PD che all’Italia. Sarà da vedere se è discontinuità vera (basata cioè su un pensiero e su un nuovo blocco sociale) o puro avventurismo. In fondo, forse, la semplice verità è che moriremo tutti e per sempre peronisti. Come gli argentini.