C’ è qualcosa di nuovo nella comunicazione politica in Italia e a rendere chiare queste novità sono bastati i primi giorni di attività del governo Monti. Il presidente del Consiglio in questi giorni ha parlato in una conferenza stampa subito dopo il varo della manovra dei sacrifici, in un’altra alla stampa estera, poi alla Camera ed al Senato. E alla fine in una breve apparizione alla trasmissione “Porta a porta”. In tutte queste sedi (in quella del salotto di Bruno Vespa più che altrove) ha chiaramente dimostrato che è possibile parlare direttamente all’opinione pubblica del nostro Paese, dicendo la verità, anche e soprattutto quando è sgradevole; che non è necessario fare battute di dubbio gusto e raccontare barzellette; che, insomma, la comunicazione politica ha tutto da guadagnare se non ricorre al populismo. Tutto questo certamente non è poco, e segnala una netta inversione di tendenza rispetto al passato: quello del berlusconismo, ma non soltanto del berlusconismo.
Nei suoi interventi il presidente del Consiglio non ha mai dato l’impressione di voler indorare la pillola. Anzi, ha cercato il più possibile, di essere franco con i suoi interlocutori, spiegando che quelle che sta prendendo sono misure durissime, che pesano e peseranno non soltanto sui ceti più abbienti, ma che, dati i tempi e i numeri, alternative probabilmente non era possibile trovarne. Visto che (e questa affermazione certo non commendevole per il silenzio sull’argomento del governo che lo ha preceduto l’ha fatta proprio da Vespa) se non si fosse fatto così il Governo non sarebbe stato in grado di pagare gli stipendi e le pensioni. Ha convinto gli italiani? E’ presto per dirlo. Certo li ha impressionati (per riprendere la frase usata dal Cancelliere tedesco). Al punto che i sondaggi sul gradimento sono rimasti tutto sommato alti, anche dopo le misure varate dal Consiglio dei ministri.
Un altro aspetto che colpisce nella comunicazione di Monti è l’accorta attenzione (un po’ morotea) ad evitare contrapposizioni dirette con coloro che altri considerebbero avversari. Per esempio quando Vespa gli chiede degli scioperi proclamati dalla Uil e la Cisl e dalla Cgil, si limita a commentare: “Capisco le reazioni”. Come dire: se io devo fare il presidente del Consiglio Angeletti, Bonanni e Camusso debbono fare i sindacalisti e rappresentare ceti che io so essere stati colpiti dalle pur indispensabili misure che il mio governo ha dovuto prendere.
Certo in politica la comunicazione non basta a risolvere i problemi. Ma saper essere sobri, sereni, e soprattutto in diretta comunicazione con l’opinione pubblica, anche attraverso le istituzioni, non guasta, soprattutto in momenti drammatici come quelli che noi stiamo vivendo. Drammaticità sottolineata anche dalla commozione del minsitro del Welfare durante la confernza stampa di palazzo Chigi. Commozione che in politica è conseguenza di forte tensione morale e non certo di fragilità di comportamenti.
Ora però i conti il Governo dovrà tornare a farli con la politica. La quale ci mostra un largo sostegno di partiti, tra loro contrapposti e non solo concorrenti. Di questo sostegno Monti e il suo Esecutivo non possono fare a meno. Il rischio è che i costi da pagare (anche in termini di equità) divengano troppo alti. Si pensi, per esempio, alla mancata asta sull’assegnazione delle frequenze televisive e ai troppo contenuti (sinora) interventi sui costi della politica. Se si chiedono sacrifici (e che sacrifici) alle categorie socialmente più deboli, le prime contropartite bisogna darle nel rispetto dell’etica pubblica.