La discesa in campo o la salita in politica di Mario Monti rappresentano un indubbio atto di coraggio del Premier e di tutti coloro che si ispirano alla sua agenda, poiché essi dovranno percorrere una via stretta, piena di rischi ed ostacoli. Una via stretta che comunque sarà di qualsiasi governo emergerà dalla prossima tornata elettorale.
Il primo ostacolo da superare è quello del populismo che, in termini semplificati, indica il comportamento di chi cerca il consenso tramite facili promesse. È populismo quello di chi è disposto a negare l’evidenza dei condizionamenti creati dai mercati finanziari, proponendo l’eliminazione di tasse senza indicare come evitare il peggioramento dei conti pubblici e la conseguente caduta di fiducia nei confronti del nostro paese. Ma è anche populismo quello di chi afferma principi che nessuno mette in discussione, quale è ad esempio il mantenimento del welfare, la lotta alla povertà e la crescita dell’occupazione, senza indicare soluzioni credibili. Infatti, nessuno potrebbe dichiararsi contrario a nessuno di questi obiettivi, ma le promesse diventano populismo quando non si preoccupano di indicare modalità “sostenibili” sul piano economico e sociale.
Tradizionalmente il concetto di populismo è stato collegato a processi politici che agiscono sulle percezioni delle classi più basse delle popolazione che, non avendo nulla da perdere, spesso sono disposte a seguire in modo irrazionale qualunque imbonitore di destra, di sinistra o di centro. Tuttavia, vi è un tipo di populismo che tocca le classi medie e che si qualifica come conformismo. È questo il secondo ostacolo che dovrà essere superato dall’Italia nel dopo elezioni. Occorrerà evitare il conformismo di chi si richiama all’Europa e all’azione di anonimi mercati per imporre “ricette amare ma necessarie”, o di chi invoca e invocherà “diritti acquisiti” solo per non rinunciare a privilegi consolidati nel tempo. È conformismo anche quello di chi non si vuole schierare e aspetta di salire sul carro del vincitore.
Il terzo ostacolo da superare è anche quello del disfattismo più accentuato in Italia che in altri paesi. Le analisi su ciò che non va, sui costi della politica, sugli sprechi e le inefficienze sono salutari, ma quando vengono ripetuti continuamente e senza indicare vie d’uscita diverse da una “catarsi culturale” che non può realizzarsi in tempi brevi sfocia facilmente nel disfattismo. Chi sottolinea continuamente che l’Italia si colloca agli ultimi posti di tutte le classifiche mondiali dimenticando o sorvolando velocemente le notizie che pongono il nostro paese ai primi posti, che “gli italiani cambiano solo quando sono sull’orlo del burrone”, oppure che è insito negli italiani l’atteggiamento gattopardesco secondo cui “tutto deve cambiare perché nulla cambi” non contribuisce certo a migliorare la situazione del paese.
Questi tre rischi possono essere evitati solo con un grande esercizio di realismo, che significa riconoscere le difficoltà dell’attuale momento senza sottolineare continuamente che si è usciti da una fase drammatica e che la situazione drammatica potrebbe ritornare. Chi sminuisce le difficoltà o chi drammatizza la situazione contribuisce ad alimentare da lati diversi il populismo, il conformismo e il disfattismo che sono nemici giurati del miglioramento.
In periodi elettorali è indubbiamente difficile fare un esercizio di realismo che, tuttavia, è l’unico modo per alimentare la fiducia a livello internazionale e all’interno del paese. Se una critica può essere mossa la Premier Monti e al suo governo, essa è quella di aver insistito eccessivamente su “soluzioni razionali” e sulla fiducia da conquistare a livello internazionale, dimenticando che il 24 e il 25 febbraio saranno chiamati a votare gli italiani e non i tedeschi, o gli europei in generale, e che gli elettori votano non solo con la testa, e nemmeno con la pancia come qualcuno continua a dire, ma sicuramente sono sensibili a chi dice la verità, qualifica con creatività le proprie proposta, è in grado di far percepire la novità sostanziale del proprio messaggio.