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Monti: Berlusconi ha lasciato moltissimo da fare

“Qualcuno ha fatto notare che l’efficacia dell’azione riformatrice avviata stenta a farsi vedere. Anzi, che la situazione è addirittura peggiorata. A mio avviso sarebbe auspicabile una maggiore prudenza nel dare questi giudizi, perché le riforme hanno bisogno di tempo per dispiegare i propri effetti, mentre i costi che comportano sono purtroppo immediatamente percepibili”. Così il premier Mario Monti replica alle dure acuse arrivate da Silvio Berlusconi, che ieri si era scagliato contro la politica economica dell’attuale Esecutivo. 

“L’economia con Monti è solo peggiorata rispetto a quando c’eravamo noi al Governo”, aveva detto il Cavaliere. “Probabilmente delle riforme erano state fatte – ha risposto oggi il Professore dall’assemblea dell’Anfia -, ma il precedente governo ha lasciato moltissimo da fare“.

Quanto allo spread, che ieri Berlusconi aveva definito “un imbroglio”, il Premier ha sottolineato che “la stabilizzazione dei titoli del debito pubblico realizzata in questi mesi è presupposto essenziale per far ripartire il credito alle aziende”.

Il Presidente del Consiglio ha quindi invitato “chiunque si accinga a governare l’Italia nei prossimi cinque anni” a “fare un’analisi molto attenta sulle riforme strutturali che sono state avviate e su quelle da fare: mi dispiacerebbe se prevalessero giudizi ipersemplificati sul lavoro svolto”, anche perché “paradossalmente interrompere una riforma prima che possa aver dato i propri frutti è perfino peggio che non fare la riforma“. 

In ogni caso, Monti ha ribadito che “l’Italia si trova a dover affrontare problemi strutturali, e in un periodo di grave crisi finanziaria non si può largheggiare con una legislazione di sostegni finanziari e fiscali”. 

Molte delle riforme in cantiere andranno perdute, perché nei prossimi mesi di campagna elettorale il Parlamento non sarà in grado di convertire in legge i decreti varati nelle scorse settimane dal Governo. Salteranno così le nuove norme per l’accorpamento delle Province e l’incandidabilità dei condannati.

Addio anche al disegno di legge per inserire l’obbligo del pareggio di bilancio in Costituzione. Il testo è stato approvato oggi alla Camera con 442 voti favorevoli, 3 contrari e 6 astenuti, ma ieri i capigruppo del Senato hanno deciso che, con l’imminente scioglimento delle Camere, non sarà possibile esaminare il provvedimento. Si sta lavorando a un’intesa fra i due rami del Parlamento per salvare il testo, ma rimangono poche speranze. 

Miglior sorte invece per il decreto sviluppo bis: oggi il Governo porrà la fiducia sul testo e domani mattina alla Camera arriverà il voto finale. Proprio su questo provvedimento la settimana scorsa è iniziata la crisi di Governo, con la decisione del Pdl di astenersi dal voto di fiducia. Una mossa che a breve, subito dopo l’approvazione della legge di stabilità, porterà Monti alle dimissioni. 

La riforma della legge elettorale è stata quindi archiviata: a febbraio voteremo con il tanto vituperato (ma mai corretto) Porcellum. Tra gli aspetti più criticati della legge targata Roberto Calderoli figurano le liste bloccate, che non consentono agli elettori di scegliere i singoli candidati da inviare in Parlamento.

Per correggere parzialmente questo aspetto – e ricavarne un importante ritorno in termini elettorali – il Partito democratico ha scelto di indire delle nuove primarie, che stavolta avranno lo scopo di eleggere proprio i candidati alle prossime politiche. Il vicesegretario del Pd, Enrico Letta, ha fatto sapere che la segreteria del partito propone di votare il 29 e il 30 dicembre (urne aperte anche ai non iscritti).

Intanto però il partito di Pier Luigi Bersani deve fare i conti con il problema delle alleanze. Il fronte da ricucire è quello con il leader di Sel, Nichi Vendola, che ha minacciato di ritirare l’appoggio a un eventuale governo di centrosinistra se il Pd intende proseguire lungo la strada dell’agenda Monti. Vendola esclude anche di partecipare a un esecutivo di cui faccia parte l’Udc di Pier Ferdinando Casini

Problemi interni anche per il Movimento 5 Stelle, da cui oggi Beppe Grillo ha espulso i dissidenti Federica Salsi e Giovanni Favia. “A Federica Salsi e Giovanni Favia – scrive il comico genovese sul suo blog – è ritirato l’utilizzo del logo del MoVimento 5 Stelle. Li prego di astenersi per il futuro a qualificare la loro azione politica con riferimento al M5S o alla mia figura. Gli auguro di continuare la loro brillante attività di consiglieri”. 

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