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Moldavia referendum, l’adesione all’Ue passa con il 50,2%. Il Paese resta spaccato: ecco perché

Imagoeconomica

Una manciata di voti e un Paese spaccato a metà. Domenica, la Moldavia ha vissuto una delle giornate elettorali più tese della sua storia recente, con un doppio appuntamento elettorale: il primo turno delle elezioni presidenziali e un referendum cruciale per il futuro del Paese, che mira a sancire l’ingresso nell’Unione europea.

Maia Sandu, la presidente moldava e simbolo delle aspirazioni europeiste del Paese, ha vinto per un soffio la sua scommessa. Il referendum è passato con una manciata di voti: appena 6.000, per il 50,2% a favore del “sì”, a fronte di un’affluenza del 51,4%. Nonostante la tensione e le preoccupazioni, l’obiettivo è stato centrato, ma la vittoria non ha il sapore del trionfo schiacciante che Sandu si aspettava.

Moldavia referendum, elezione al cardiopalma

Decisivi sono stati i voti della diaspora, quasi 250mila, che rappresentano circa il 10% degli aventi diritto. Sparsi in tutto il mondo, dalla Francia alla Russia, i moldavi all’estero hanno fatto la fila per ore per esprimere il loro voto. Chisinau, la capitale, pure in ritardo nella conta, ha regalato i soliti voti europeisti, e alla fine il quorum è stato raggiunto.

Tuttavia, come ha ribadito Daniel Voda, portavoce del governo ed ex consigliere della presidente, la Moldavia ha dovuto attendere l’alba per avere un quadro chiaro. Questa frase sembra ormai un mantra per il team di Sandu, poiché è accaduto lo stesso con le elezioni presidenziali. Sandu era partita con il 35% dei consensi, ma ha chiuso la notte con il 42%, aggiudicandosi il primo turno. La vera sfida, però, arriverà il 3 novembre, quando affronterà l’ex magistrato filorusso Aleksandr Stoianoglo, che ha sorpreso con il 26% dei voti.

Moldavia: Davide contro Golia

Nel suo discorso all’una di notte, Sandu non ha usato mezzi termini. Ha parlato di una “lotta impari”, puntando il dito contro le interferenze russe, denunciando un attacco “senza precedenti” alla democrazia. Da una parte lei, che cerca da anni di tirare fuori la Moldavia dalla stretta del Cremlino e combattere la corruzione. Dall’altra, un cartello di partiti filorussi, sostenuti a suon di milioni da Mosca. E qui entra in scena Ilan Shor, l’oligarca fuggitivo condannato per un furto miliardario e rifugiato all’estero, che continua a orchestrare le sue trame dall’estero. Secondo Viorel Cernateanu, capo della polizia moldava, solo a settembre Shor ha inviato in Moldavia 15 milioni di dollari nascosti in valigie e trolley, con l’intento di corrompere 300mila elettori contro il referendum.

Moldavia, il fantasma di Mosca sulle elezioni

Le irregolarità segnalate da Promo-Lex, l’organizzazione che monitora le elezioni, dipingono un quadro da film di spionaggio: elettori pagati, schede fotografate, auto che trasportavano gli elettori ai seggi. A Mosca, le file nei seggi sono state straordinariamente lunghe, con accuse di manipolazioni per rallentare il voto. La campagna di disinformazione ha raggiunto livelli altissimi, con una propaganda massiccia volta a screditare Sandu e a favorire Stoianoglo e i partiti filorussi.

Non si è fatta attendere la replica del Cremlino. Dmitry Peskov, portavoce di Vladimir Putin, ha risposto in modo glaciale, chiedendo a Sandu di “fornire le prove” delle accuse contro la Russia. Intanto, in Moldavia, lo spettro della guerra vicina in Ucraina e i 2.000 soldati russi stanziati nella regione separatista della Transnistria continuano a incombere, rendono la situazione ancora più delicata e instabile.

Moldavia verso il ballottaggio: Europa o Russia?

Se da un lato il referendum ha segnato un passo verso l’Europa, la strada per l’adesione all’Unione europea è ancora lunga e impervia. La prospettiva di diventare membri della Ue potrebbe richiedere anni e diverse riforme, soprattutto in termini di giustizia ed economia, che il governo di Sandu ha promesso di realizzare entro il 2030. Tuttavia, la resistenza interna e le influenze esterne, in particolare dalla Russia, renderanno questo cammino tutt’altro che semplice. Il risultato di questo weekend mostra chiaramente che il Paese è ancora spaccato tra Est e Ovest, tra nostalgici della Russia e ferventi europeisti.

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