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Moia (Banca Profilo): “Aspettiamo un segnale dagli Usa”

“Un bel giorno questa guerra finirà”. Paolo Moia, responsabile degli investimenti di Banca Profilo, ricorre a una delle memorabili battute di Robert Duvall/Bill Kilgore in Apocalypse Now, per illustrare la pioggia di vendite che devasta i listini. Un’immagine azzeccata, perché gli ordini di vendita sibilano sulle piazze finanziarie con la stessa maestosa violenza degli elicotteri della First Cavalry Division.
E s’infrangono i miti più consolidati. “Prendiamo il Dax, il listino più stabile per tradizione. Stamane, in meno di quattro ore abbiamo registrato: un calo del 2 per cento, un rimbalzo fino alla parità, poi meno 7. E ancora meno 3, Ora siamo a –4, tra un’ora chissà”. Non è facile trovare una bussola o, comunque, una regola di comportamento per minimizzare i danni in una congiuntura così turbolenta.

Che fare? E’ arrivata l’ora degli acquisti?
“Francamente no. E’ presto. L’unico consiglio che mi sento di dare è di aspettare”.

Ma aspettare cosa?
“Un segnale di intervento da parte delle autorità. Ovvero, da parte degli Stati Uniti. Stavolta l’Europa ha fatto la sua parte per bene. Lo dimostra la situazione di relativa tranquillità dell’Italia. Il calo dello spread di cento punti dopo le decisioni della Bce sono l’aspetto positivo, che fa ben sperare. Ma adesso tocca all’America”.

Il rendimento dei Btp 10 è sceso al 5,11% dal 6,53% di una settimana fa. C’è qualcuno che ne ha approfittato? Qualcuno, almeno qualcuno ha guadagnato in questa tempesta?
“Non credo. In una situazione di mercato così tutti finiscono ammaccati, chi più chi meno. Anche chi ha saputo ripiegare sugli investimenti più difensivi si ritrova comunque con un stock di asset a valore ridotto”.

Anche per questo potrebbe essere arrivato il momento delle occasioni. Davvero è meglio aspettare?
“In questo momento la clientela, sia quella professionale che i grandi privati vivono l’ansia del 2008/09. Anche chi deteneva pacchetti azionari con un orizzonte di lungo periodo se ne disfa”.

Non sono risparmiati neanche i mercati emergenti, stavolta.
“In questi momenti si sacrificano per primi gli investimenti dove si registra una plusvalenza. D’altronde, la crisi ha più di una spiegazione logica. Innanzitutto, le incertezze sulla crescita e, di riflesso, le preoccupazioni per i profitti delle aziende per i prossimi trimestri. Ma su tutto incombe un altro problema”.

Quale?
“La mancanza di leadership dell’Occidente. E’ il nodo principale, che abbiamo sperimentato a vari livelli. La tragicommedia delle trattative sul tetto al budget Usa è stato il passaggio decisivo: la leadership del presidente sembra compromessa, il mondo rischi di vivere, in attesa delle elezioni, un anno di incertezza. Per questo dobbiamo sperare che la Federal Reserve sappia assumere un ruolo di protagonista”.

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Categories: Interviste