La crisi economica innescata dalla pandemia di Covid-19 continua a mordere. Nel 2020, interi settori dell’industria sono stati fortemente penalizzati dai lockdown e dalle restrizioni imposte per arginare i contagi. Tra essi, c’è il settore tessile e moda italiano, il cui fatturato lo scorso anno si è attestato a 72,5 miliardi di euro, il 26% in meno rispetto ai 98 miliardi del 2019. In soli 12 mesi sono andati in fumo 25,5 miliardi di euro. Questi i dati forniti da Confindustria Moda.
In riferimento al solo quarto trimestre, i ricavi delle aziende italiane della moda sono calati del 20% “una flessione meno intensa rispetto alle precedenti rilevazioni ma ancora marcata, con un numero rilevante di aziende, soprattutto piccole e medie, in forte sofferenza”, sottolinea l’Associazione.
“Per il comparto moda il 2020 è stato un anno drammatico, con pesanti perdite che hanno colpito trasversalmente tutti i settori”, ha commentato Cirillo Marcolin, presidente di Confindustria Moda.
Il trend discendente purtroppo sta continuando anche nel 2021, con un calo del fatturato del 18,4%, ma con ancora una contrazione delle perdite. La flessione dovrebbe continuare ad attenuarsi nel secondo trimestre dell’anno in corso, sul quale Confindustria Moda prevede un ribasso del 10%. “Il vero e proprio recupero è previsto a partire dal terzo trimestre, con una decisa accelerazione nel quarto, nell’ipotesi però di un’avanzata diffusione del piano vaccinale, con un progressivo ritorno a livelli di attività pre-Covid nel corso del 2022”, conclude l’associazione. “Per quanto riguarda il 2021, pur in uno scenario in lento miglioramento, restiamo preoccupati con una ripresa che non sarà visibile prima della seconda parte dell’anno“, ha concluso Marcolin, secondo cui solo con un piano vaccinale “veloce, tempestivo ed efficace” il Paese potrà ripartire.
Non è però tutto negativo. Nonostante le forti difficoltà vissute lo scorso anno, la moda italiana ha registrato un saldo commerciale pari a 17,4 miliardi, un dato grazie al quale il comparto risulta essere il primo contributore alla bilancia commerciale del Paese fra le tre F (Fashion, Food, Forniture) del Made in Italy.
Il risultato è stato confermato anche dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, secondo cui a contribuire al risultato sono stati soprattutto i mercati asiatici: nel periodo gennaio-novembre, il bilancio per l’export di abbigliamento e filiera della pelle diretto in Cina è solo di poco negativo (-6%).
Passando invece ai distretti del settore Moda, Tessile, abbigliamento, Pelletteria e calzature, l’ente sottolinea i risultati ottenuti da Arezzo che nei mesi estivi è riuscito a crescere grazie ai balzi delle esportazioni in Cina, e da Perugia, dove Maglieria e abbigliamento hanno ottenuto ottimi risultati presso Stati Uniti e Russia.
“I livelli del terzo trimestre 2020 dei distretti sono rimasti molto lontani da quelli dell’anno precedente, mostrando un arretramento di -13,9% per i beni di consumo (abbigliamento, calzature, pelletteria, maglieria) e di -21,4% per i beni intermedi (tessile, concia). Pesano le scelte delle famiglie di limitarsi agli acquisti essenziali, il crollo del turismo, nonché la diffusione dello smart working che penalizza il segmento formale di abbigliamento e calzature”, conclude la Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo.