Condividi

Moda e mare: stop microfibre, sì al lino e a lavatrici “filtranti”

Marevivo e l’Accademia Costume & Moda di Roma lanciano una campagna per diminuire la montagna di microfibre che ogni anno finiscono in mare. Utili nuove etichette dettagliate dei capi d’abbigliamento ma anche elettrodomestici più evoluti

Moda e mare: stop microfibre, sì al lino e a lavatrici “filtranti”

Marevivo e l’Accademia Costume & Moda di Roma si sono coalizzate per combattere il mezzo milione di tonnellate di microfibre – quantità corrispondente a 50 miliardi di bottiglie di plastica – che gli abiti ogni anno scaricano nell’oceano. Marevivo, da oltre trent’anni si batte a difesa del mare e delle sue risorse.

Il tema dell’inquinamento dei mari causato dalle microfibre è stato al centro dell’incontro “#StopMicrofibre – Un’alleanza per un’industria tessile competitiva e sostenibile“. Coinvolge l’industria tessile come quella delle lavatrici e in definitiva anche designer e stilisti per le proprie scelte che, senza trascurare la bellezza dei tessuti, ne premino anche la sostenibilità. L’Accademia Costume & Moda di Roma, ha in tanto bandito la plastica monouso dall’Istituto per sensibilizzare gli studenti sui temi dell’ambiente e dell’ecologia marina.

Per capire quanto è urgente il problema bastano alcuni dati che forse non tutti conoscono: un carico in lavatrice di capi sintetici, produce milioni di microfibre di dimensioni inferiori a 5 millimetri che si riversano in mare dove vengono ingerite dagli organismi marini, entrando così nella catena alimentare. Questo perché il 40% delle microfibre non viene trattenuto dagli impianti di trattamento.

Cosa fare per arginare le dimensioni macro di questo fenomeno? Il lino può essere una soluzione: è la fibra tessile più sostenibile e antica al mondo. Inoltre, ha un DNA ecologico e naturale: zero inquinamento delle acque e nessun defogliante o pesticida immesso nell’ambiente e zero litri d’acqua utilizzati durante la sua coltivazione. Le piantagioni ogni anno assorbono 250.000 tonnellate di CO2 e l’energia utilizzata per produrlo è dal 4% al 10% di quella che sarebbe necessaria per la produzione delle fibre sintetiche.

“Siamo di fronte a una nuova, vera, rivoluzione industriale che si gioca sull’economia circolare – ha dichiarato Lupo Lanzara, Vice Presidente dell’Accademia Costume & Moda – . Un’evoluzione che ci impone di modificare il modo in cui produciamo e consumiamo. E’ una sfida stimolante che abbiamo accolto con entusiasmo perché noi, che lavoriamo nell’education, dobbiamo sempre volgere lo sguardo al futuro e abbiamo l’ambizioso compito e il dovere di formare i nuovi creativi e le nuove classi dirigenti.”

L’etichettatura dei capi d’abbigliamento può salvare il mondo? Nello Stato di New York è in discussione una proposta di legge che rende obbligatoria l’etichettatura dei capi contenenti fibre sintetiche. L’etichetta dovrà essere ben visibile e dovrà contenere le informazioni per un corretto lavaggio con l’obiettivo di minimizzare il rilascio di microfibre. In Italia nel mentre, siamo ancora lontani da una soluzione definitiva, ma si sta lavorando ad un progetto di legge simile.

Anche la finanza si muove. Banor Capital, società di gestione indipendente, è scesa in campo con Marevivo contro l’inquinamento da plastiche. Nella scelta dell’investimento attua un’analisi molto approfondita che parte dallo studio di numeri e bilanci, prosegue con gli incontri con il management e infine con la verifica sul campo dell’attività e della sostenibilità delle aziende.

“Desideriamo sensibilizzare le aziende dell’industria tessile sulla necessità di investire nella ricerca e nell’innovazione in tessuti più sostenibili con minor rilascio, e i produttori di lavatrici a sviluppare sistemi di filtraggio più efficaci, contrastare il problema della ‘fast fashion’ e rendere obbligatoria l’etichettatura dei capi di abbigliamento che contengono oltre il 50% di fibre sintetiche”, ha affermato Raffaella Giugni, Responsabile dei rapporti istituzionali di Marevivo.

Commenta