Si apre il sipario della moda italiana 2024 ed entra per prima la moda maschile, con due appuntamenti consecutivi: dal 9 al 12 gennaio 2024 Firenze aprirà le porte della Fortezza da Basso per ospitare la 105ma edizione di Pitti Uomo. Poi seguirà Milano Moda Uomo, in programma dal 12 al 16 gennaio.
L’industria della moda, il secondo settore della bilancia italiana, indica per il 2023 una crescita del 4,9%, secondo stime di Confindustria Moda su dati Istat, ben sopra i livelli pre Covid, anche per la percentuale di export, che nello scorso anno è arrivata al 73,2%, contro il 69,3% del 2019. Certo, il record del 2022, con il rimbalzo post pandemia e una crescita del 20,3% sarà difficile da rivedere. In particolare la moda maschile, che rappresenta il 20% dell’intero settore, è vista crescere nel 2023 del 5%, contro il 4% della donna.
Firenze e Milano si dedicano alla Moda Maschile
Pitti Uomo la cui prima edizione è datata 1927, quest’anno sarà strutturato in 5 sezioni tematiche – Fantastic Classic, Futuro Maschile, Dynamic Attitude, Superstyling e I Go Out, con aree speciali dedicate ai pets e al vintage.
A Milano saranno 74 gli appuntamenti in calendario, tra cui ventisette sfilate, alcune fisiche, altre in diretta streaming e poi trentanove presentazioni e altri otto eventi. Il pubblico potrà seguire questi appuntamenti, riservati agli operatori, dai maxi schermi di Urban Vision che saranno montati in piazza San Babila, oppure online su milanofashionweek.cameramoda.it.
Capasa: occorre più sostegno dal governo per il settore moda
Il 2024 si preannuncia un anno incerto, tormentato dalla situazione geopolitica. Lo sa bene il presidente di Camera Nazionale della moda italiana Carlo Capasa, che ha portato le istanze degli imprenditori italiani in Parlamento per sensibilizzare le istituzioni ad agire “per salvare un settore che ci rende unici al mondo: non a caso tutte le principali aziende lusso straniere fanno produrre i loro prodotti dai nostri artigiani” ha detto Capasa al Corriere.
Le misure chieste ruotano attorno a tre ambiti: tutela della creatività, transizione verde e digitale e formazione, l’obiettivo è investire in una industria che poi ha un forte ritorno sul Pil. “Nella legge finanziaria c’è poco rispetto all’industria della moda. In generale non vedo un grande sforzo nei confronti della programmazione industriale” ha detto Carpisa. Eppure “l’industria della moda ha un ritorno importante per lo Stato: basti pensare che per ogni miliardo in più di fatturato 240 milioni vanno a finire nelle casse dello Stato tra tassazione diretta e indiretta”.
Occorrerebbe “aiutare soprattutto le piccole aziende che poi sono la spina dorsale del comparto” dice Carpisa. “Dobbiamo pensare che abbiamo un filiera di 60.000 imprese per 600.000 addetti, che non ha la forza di convertirsi in digitale e sostenibile se non garantiamo un supporto”. Inoltre occorre puntare sul lavoro e sulla formazione. “E non dobbiamo pensare solo all’artigianato del passato, ma anche a quello del futuro: l’artigianato digitale, il modellista che lavora in Cad 3D”
I numeri di Pitti Uomo: quasi la metà dei marchi vengono dall’estero
I marchi saranno 832, il 46% dei quali dall’estero, “con eventi speciali, con sezioni dedicate ai giovani stilisti tedeschi e agli artigiani e marchi dal Giappone, forse il Paese che da sempre più apprezza l’eccellenza italiana e ne condivide i valori legati sia all’artigianalità sia alla costante innovazione su materiali e stili. Senza dimenticare mostre e allestimenti speciali tra gli stand” ha ricordato Raffaello Napoleone Ceo di Pitti Immagine, secondo il Sole24Ore. “A Firenze avremo 386 buyer da Americhe, Asia, Medioriente ed Europa, anche grazie alla collaborazione con il ministero degli Esteri e con Agenzia Ice. Ai primi tre posti per buyer ci sono Germania (66), Uk (64) e Francia (58). Credo sarà l’edizione più completa e internazionale di sempre”.
La Moda Maschile: il formale rivisitato si chiama Casual Chic
Il formale maschile, una delle eccellenze italiane, non è più al centro di offerta e desideri e tutti i nomi storici del made in Italy hanno abbracciato la domanda di abbigliamento e accessori più versatili, nelle forme e nei materiali. “L’eleganza maschile? Prima eravamo in divisa, oggi siamo più liberi…”, riassume Antonio De Matteis, amministratore delegato di Kiton, il luxury brand napoletano che ha chiuso un 2023 da record toccando i 200 milioni di fatturato (+25% sul 2022).
Tuttavia l’ultimo scorcio di 2022, e poi il 2023 hanno visto un ritorno all’eleganza classica che ora si chiama “Casual chic”, rivisitata e attualizzata dopo la sbornia da streetwear e la stagione della pandemia. Nuovi colori, nuovi tessuti, tagli più comodi, nuove silhouette ma pur sempre camicie, cravatte, giacche, cappotti e scarpe eleganti. Come sempre è stato il mercato a guidare questa trasformazione epocale, sulla scia di Millennials e Gen Z – soprattutto americani e asiatici – che non vogliono più i classici abiti sartoriali bensì quelli “rivisitati”, con dettagli preziosissimi e su misura.
Al contrario, tutti i brand classici che potevano permetterselo – Zegna, Loro Piana, Cucinelli, Kiton, Corneliani, Canali – sono entrati nel casual, aggiungendo linee con tessuti più tecnici, pantaloni e camicie lontanissimi dai modelli tradizionali.