Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi l’ha detto chiaramente: le due “mannaie” che impediscono la crescita del sistema industriale italiano sono il fisco e il credito. “Occorre quindi _ ha spiegato Squinzi _ prima di tutto stabilità e certezza nel tempo del complesso delle norme tributarie, poi una revisione del sistema sanzionatorio, che deve essere improntato a criteri di proporzionalità. Quanto al credito, oltre a favorirne l’accesso, è necessario favorire lo sviluppo di forme di finanziamento aggiuntive destinate al rafforzamento patrimoniale delle imprese”. Senza dimenticare la piaga dei tempi di pagamento, in particolare i ritardi dell’amministrazione pubblica, “indegni di un Paese civile”.
Prima di lui anche il presidente Michele Tronconi, che stamane ha introdotto e guidato i lavori dell’assemblea annuale di Sistema Moda Italia (Smi), aveva ricordato i danni che derivano dai ritardati pagamenti, puntando il dito anche su alcuni comportamenti interni alla stessa filiera del tessile abbigliamento. “Almeno dalle imprese più forti”, ha detto “ci si dovrebbe aspettare un allineamento ai tempi che si applicano all’estero. Alcuni dei gruppi più importanti, che sono quelli a valle della filiera, quindi l’abbigliamento, potrebbero fare di più per sostenere le aziende a monte, quelle tessili”.
Ma non è tutto. Sul tema della difesa della proprietà intellettuale, quindi della contraffazione,Tronconi ha ricordato che non sono solo gli “altri” a copiare ma spesso i campionari o i prototipi che vengono inviati ai possibili clienti vengono in realtà usati per copiare. “Anche in questo abbiamo bisogno di essere più seri. E’ essenziale difendere l’integrità della filiera perché ne va del nostro futuro, è l’unico strumento che ci consentirà di mantenere quel vantaggio competitivo che nei prossimi anni sarà attaccato da altri player. Noi non dobbiamo solo sopravvivere alla crisi ma prepararci a competere nel mondo che verrà dopo la crisi, senza fare l’errore oggi di buttare alle ortiche la fonte del nostro vantaggio differenziale che è dato anche da tante pmi specializzate per fase, che possono essere messe in rete”.
Tronconi, alla sua ultima assemblea (la presidenza scade tra dodici mesi), ha ricordato alcuni degli obiettivi raggiunti (la sottoscrizione di due contratti nazionali di lavoro, le missioni all’estero, l’apertura di un ufficio a Shanghai, cui si sono già rivolte 250 imprese italiane) ma soprattutto ha ricordato che quello del tessile-abbigliamento è tutt’altro che un settore maturo. “Abbiamo davanti un mercato enorme: oggi nel mondo ci sono 90 milioni di consumatori, secondo le stime Smi e Prometeia, ma nei prossimi anni si arriverà a 190 milioni. Un terzo di questi saranno cinesi”.
Inevitabile quindi guardare oltre i confini dell’Italia, e in parte anche dell’Europa. Riccardo Monti, presidente dell’Agenzia per la promozione all’estero (quella che ha sostituito l’Ice) ha assicurato che il lavoro è avviato e sono già previsti a breve due programmi di promozione in Russia e negli Stati Uniti.
L’assistenza all’export per le pmi è fondamentale. Lo dimostrano anche i numeri, citati dall’’economista Gregorio De Felice, responsabile del servizio Studi e ricerche di Intesa Sanpaolo: “Nei primi tre mesi di quest’anno il fatturato dell’abbigliamento sul mercato domestico è crollato dell’11,8% ma sui mercati internazionali è salito del 3,4% e in particolare nei Paesi extra Ue ha fatto un balzo del 10,6% (in Cina l’aumento delle vendite ha sfiorato il 30%). Non dimentichiamo poi che nel biennio 2012-2013 l’economia mondiale subirà un rallentamento della crescita ma non una recessione: questa si avrà sono in Italia e in buona parte dell’Europa. Sul fronte internazionale però c’è ancora molto lavoro da fare”, ha aggiunto De Felice, “dal momento che tra le imprese medio – grandi il fatturato estero rappresenta il 48% del totale ma tra le pmi si ferma al 26%”.
La sfida dunque è aperta, gli elementi per vincere non mancano, quello che manca ancora è l’appoggio del sistema Paese.