Mobilità sostenibile, quanto mi costi. Si dice: il destino delle automobili con carburanti tradizionali è segnato. Si, per il 2035. Ma resterà cosi?
Il Ministro Matteo Salvini ha una fantasia doppia : nei comizi parla del 2035, si augura di cambiarlo e poi aggiunge che con l’auto elettrica si fa un favore alla Cina. Fosse il primo!
Il tempo, come succede da un pó sulle decisioni dell’Ue, è diventato una ansiosa variabile. Quando effettivamente le amate quattro ruote endotermiche andranno in pensione?
Certo, la corsa a costruire modelli spinti da motori elettrici o da carburanti puliti è in pieno svolgimento. Il traguardo è fissato sul tabellone ma è avvolto da nebbie per così dire sovraniste.
Ogni corsa ha un costo e la rivista RiEnergia ha provato ha fare la lista. Di più, ha pubblicato uno studio assieme ad Assopetroli e Assoenergia che poi tira le somme. Signori, prepariamoci ad un giro di denaro colossale e solo osservando l’Italia.
Addio benzinai
Decarbonizzare la mobilità è diventato un mantra pedagogico, in base al quale cercheremo tutti di viaggiare con carburanti LCF (Low Carbon Fuels) e utilitarie elettrice o ibride. Sicuro?
Nella corsa non si possono “ignorare i molteplici effetti associati all’eliminazione del motore endotermico che, a monte, causerebbe la distruzione di un intero settore industriale e di una rete creata in decenni”, scrive Lisa Orlandi, direttrice di RiEnergia. Occhio a quel che si vuole fare, senza alzare barricate. Ma scorriamo la lista della spesa.
I primi a respirare l’aria senza gas di scarico sarebbero 70 mila addetti dell’attuale mondo dei rifornimenti. Se li mandiamo a casa dovremo sobbarcarci di 3,5 miliardi di euro di sostegni statali. Una piccola tassa erga omnes, cosa volete che sia. Poi dobbiamo riorganizzare spazi e linee elettriche per le colonnine o altri tipi di erogatori.
I vecchi benzinai per adeguare le stazioni di servizio alla distribuzione di metano, biometano GNL/bio possono arrivare a spendere fino a 800 mila euro. Mettiamo che devono anche smantellare e bonificare le aree e il costo della rivoluzione motoristica sale di altri 40, 50 mila euro.
Non tutte le pompe sopravviveranno alla rivoluzione che, come sempre, avrà una controrivoluzione opposta e contraria. Virtù e peccati alla fine si eguaglieranno.
“L’abbandono della filiera distributiva tradizionale, conseguente alle proposte dell’UE, determinerebbe la chiusura graduale praticamente di tutti i punti vendita tradizionali portando il costo complessivo ad oltre 1 miliardo di euro ” è il costo della spesa finale.
Una corsa rischiosa?
Quanto conviene a produttori ed automobilisti fare il salto verde ? Con lo stato della finanza pubblica italiana come potremo sostenere migliaia di ex benzinai, camionisti, addetti ai depositi e alle raffinerie ? Che marcato avremo in Italia per le auto non inquinanti ? Gli indovini non sono molto graditi.
“Le considerazioni svolte- dice Orlandi- non intendono proporre una via sostitutiva alla mobilità elettrica stradale, che sarà centrale per ottenere gli obiettivi di riduzione delle emissioni, ma richiamare alcune delle criticità e delle problematiche di sostenibilità che comporterebbe uno scenario totalmente sbilanciato sull’elettrico”.
La corsa è ancora lunga e visto che il Parlamento europeo tra sei mesi si rinnova chi scommette 1 euro che nel 2035 la corsa-rivoluzione taglierà il traguardo ?