Farebbero aumentare il debito pubblico, non funzionerebbero come moneta e non sarebbero nemmeno dei veri titoli di Stato. Ma allora, a cosa servirebbero davvero i minibot? Malgrado la presa di distanza del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giogetti, la Lega non ha affatto abbandonato il progetto di lanciare questi titoli cartacei di piccolo taglio (da 5 a 100 euro). Di base, lo Stato dovrebbe usarli per saldare i debiti commerciali, mentre i cittadini potrebbero spenderli per pagare beni e servizi pubblici (dalle tasse ai biglietti dei treni Fs).
Nelle ultime settimane Claudio Borghi, responsabile economico del Carroccio e padre dei minibot, si è prodotto in molte spiegazioni sulla natura di questo nuovo strumento, ma la nebbia rimane fitta. Per fare chiarezza abbiamo interpellato Giovanni Ferri, professore ordinario di Economica politica all’Università Lumsa, già in Banca d’Italia e Banca Mondiale.
Professor Ferri, Borghi afferma che i minibot non farebbero aumentare il debito pubblico, mentre Draghi e Visco sostengono il contrario. Chi ha ragione?
«I debiti commerciali non rientrano nella definizione di debito pubblico. Quindi, emettendo minibot, lo Stato trasformerebbe i debiti commerciali in debito vero e proprio. Cioè si farebbe del male da solo, perché farebbe emergere ulteriore debito pubblico».
Se le valute parallele all’euro non fossero illegali, i minibot potrebbero funzionare come moneta?
«Il problema è che i minibot avrebbero un valore facciale, cioè un valore nominale, ma non sarebbero pienamente spendibili. Quindi chi ricevesse i minibot dovrebbe trovare qualcuno che glieli compri. E il prezzo sarebbe inferiore al valore nominale, quindi con un cambio inferiore alla pari. Ecco perché i minibot non possono funzionare come valuta. La moneta deve essere scambiabile alla pari: 100 euro sono 100 euro, non possono pretendere che io dia 100 euro a qualcuno per ricevere in cambio qualcosa che abbia un valore inferiore».
Invece come titoli di Stato i minibot sarebbero utili?
«A differenza dei veri Buoni ordinari del Tesoro, i minibot non avrebbero scadenza né interessi. Quindi si potrebbe dire che in realtà non sarebbero nemmeno dei veri titoli di Stato, perché non verrebbero mai rimborsati».
Ma allora a cosa servirebbero davvero i minibot?
«Qualcuno ha lasciato intendere che potrebbero servire a fare scivolare l’Italia verso un’uscita dall’euro. Questa è un’ipotesi che non voglio considerare come attendibile, ma certamente anche solo peggiorare le relazioni con l’Unione europea e la Bce è una pessima idea».
Se l’Italia stampasse i minibot, cosa accadrebbe sui mercati?
«Sarebbe un segnale di un’ulteriore deriva verso una possibile uscita dall’euro, una possibile Italexit. Questo significherebbe che immediatamente l’Italia pagherebbe dei tassi d’interesse ancora più elevati sui mercati. E a nulla servirebbe la rassicurazione, che di sicuro il Governo darebbe, che non si tratta di un passo verso l’uscita dall’euro, ma semplicemente di un’operazione interna per regolare dei debiti commerciali. I mercati, gli investitori e i risparmiatori italiani accoglierebbero l’arrivo dei minibot come un ulteriore segnale di pericolo. Ormai a livello internazionale l’Italia viene guardata come l’Argentina di vent’anni fa».