Ai sovranisti che ritengono che i minibot siano il frutto di un colpo di genio dell’oggi va ricordato il caso degli Assignat francesi emessi dal governo della Rivoluzione francese e che per sette anni sconvolsero l’economia e il popolo francese. Rousseau era già morto fin dal luglio del 1778 e forse sarebbe stato avverso agli Assignat. A corso di moneta corrente il governo di allora emise gli Assignat, una moneta cartacea il cui valore era collegato al valore dei beni dell’asse ecclesiastico espropriato dai rivoluzionari. In breve tempo gli Assignat divennero carta straccia (scacciando la moneta buona) e la rivolta popolare che ne conseguì portò alla distruzione delle macchine che le avevano stampate.
Ciò premesso, ai sovranisti indifferenti alla conseguente crescita dello stock del debito pubblico va anche ricordato che sia Ignazio Visco nelle sue Considerazioni finali, sia Paolo Savona nel recente discorso da presidente della Consob al mercato, hanno spiegato la semplice legge ferrea che governa l’andamento del rapporto debito-Pil. È anche un antico teorema che si insegnava nei corsi di politica economica, che dimostra che l’andamento del rapporto dipende a sua volta dal rapporto tra il saggio dell’interesse sui titoli pubblici e il saggio di crescita del Pil nominale. Se cresce la sfiducia sul debito pubblico che incorpora i minibot, ne consegue l’aumento dei tassi medi sui titoli di Stato ed il loro sorpasso del tasso di crescita del Pil nominale, nelle condizioni odierne di stagnazione economica, assenza di inflazione, inesistente produttività dei fattori, impossibilità di agire sul cambio governato dalla Bce.
Il grafico che segue mostra che negli ultimi trenta anni il rapporto tra tasso medio dei titoli di stato e crescita nominale del Pil è sempre stato superiore all’unità, tranne alcuni anni in cui i governi in carica ottennero la fiducia dei mercati, il che comportò la riduzione del rapporto e il suo approssimarsi all’unità, ma anche la sua crescita nel 2018 e 2019 a causa della sfiducia dei mercati finanziari interni e internazionali, accresciuta dal lunare dibattito sui minibot.
A fronte di siffatta situazione di stagnazione decennale vi è chi guarda affascinato al Giappone e al suo rapporto debito-Pil di quasi il 200 per cento. Purtroppo, da narrazione di qualche fantasioso economista a supporto del governo gialloverde, che è afflitto da reiterata ingordigia per la spesa pubblica in disavanzo e che privilegia la volontà della politica rispetto alla volontà dei tecnici al governo, il fascino per il Giappone ha colpito anche Paolo Savona. Il presidente della Consob ha affermato nel recente discorso al mercato che l’esempio del Giappone è istruttivo: “Se la fiducia nel paese è solida… Livelli di indebitamento nell’ordine del 200 per cento non contrastano con gli obiettivi perseguiti i dalla politica”.
Purtroppo, si tace sul fatto che il debito pubblico del Giappone è nei fatti un debito pubblico interno (soltanto il 6% è nelle mani di investitori esteri), mentre quello italiano è posseduto per circa il 30-35 % da investitori esteri pronti a lasciare in caso di sfiducia. I grafici che seguono comparano la composizione del debito pubblico del Giappone con quello dell’Italia.
La costante e quasi maniacale attenzione che i sovranisti italiani mostrano per la ricchezza finanziaria delle famiglie, il sogno di un debito pubblico italiano posseduto interamente da investitori domestici (come in Giappone), l’ingordigia per la spesa pubblica in disavanzo, fanno sospettare l’esistenza di un progetto di politica economica teso a liberare la gestione del debito italiano dai condizionamenti dei mercati finanziari internazionali o dalla minaccia di fughe di capitali.
Per realizzare questo progetto sovranista (a ogni governo la sua moneta) occorrono in fase di avvio i minibot, che poi scacceranno la moneta buona (l’Euro il cui rapporto di cambio è nelle mani della Bce e che rischia di finire nelle mani tedesche). Poi sarà la volta del debito pubblico interamente nelle mani italiane da rideterminare in minibot, passo indispensabile per i sovranisti accorati sostenitori dell’Italexit. Una volta era noto come piano B dagli incerti contorni, oggi sarebbe un progetto da denominare il GiRo (Giappone-Roma). Spero di sbagliarmi.